Petrolio ancora e sempre nel vortice della geopolitica

Petrolio ancora e sempre nel vortice della geopolitica
Petrolio ancora e sempre nel vortice della geopolitica
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Il mese di settembre è stato caratterizzato da un calo del prezzo del petrolio che ha lasciato la zona dei 75 dollari al barile per scendere sotto i 70 dollari al barile. Questo calo è dovuto alla concomitanza di due elementi: il primo è legato ai dubbi sulla domanda e in particolare sull’appetito cinese. In effetti, le notizie provenienti da Pechino suggeriscono che l’attività sta rallentando e che il principale importatore di petrolio greggio, con un consumo di circa 13 milioni di barili al giorno, non sarà lì a sostenere i prezzi del petrolio. A questi dubbi sulla Cina si aggiungono quelli sull’economia americana e i deludenti dati del mercato del lavoro durante l’estate che hanno fatto temere un forte rallentamento. Oltre a queste cupe prospettive dal lato della domanda, i paesi dell’OPEC+, guidati dall’Arabia Saudita, hanno suggerito che avrebbero aumentato la loro produzione. La combinazione di una domanda meno dinamica e di un’offerta più abbondante ha stuzzicato l’appetito di molti speculatori che hanno venduto allo scoperto e hanno spinto il prezzo ancora più in basso. Il petrolio ha così raggiunto livelli record in termini di contratti brevi.

Questo quadro, che suggeriva che il prezzo del petrolio si stava avviando verso una spirale discendente, è stato completamente invalidato da due elementi. Il primo è l’annuncio del piano di ripresa cinese che ha rivitalizzato la domanda. Dal lato dell’offerta, l’attacco iraniano contro Israele nella notte tra il 30 settembre e il 1° ottobre ha riportato la questione geopolitica al centro del mercato petrolifero. In tre giorni, infatti, il prezzo del greggio è aumentato di oltre il 7% e il barile di Brent ha raggiunto i 78 dollari.

L’importanza del Medio Oriente

La reazione degli investitori a queste tensioni geopolitiche può essere spiegata dall’importanza del Medio Oriente sulla scena petrolifera globale. Infatti, più di 30 milioni di barili al giorno (ovvero più del 30% della produzione globale) provengono da questa regione del mondo. Al di là della quantità di petrolio prodotto, un’altra specificità della produzione mediorientale è il costo di produzione molto basso, un barile di greggio costa circa cinque dollari da estrarre contro i venti dollari della Russia e i trenta dollari dei migliori pozzi degli Stati Uniti. Infine, un’altra particolarità è che è molto facile per i produttori della regione variare la propria produzione. Tuttavia, questa è una cosa rara sul mercato petrolifero. In generale, variare il livello di produzione di un pozzo lo “danneggia” e riduce il volume estraibile. Da quel momento in poi diventa chiaro che il petrolio di questa regione è vitale per le economie di tutto il mondo e che senza di esso gli spettri della crisi economica e dell’instabilità non sono lontani.

Il potenziale destabilizzante dell’Iran

Pertanto, anche se l’Iran esporta solo 1,5 milioni di barili al giorno su una produzione di oltre tre milioni di barili al giorno, la sua capacità di limitare la produzione della regione lo rende un attore vitale nella regione. Molti funzionari iraniani hanno infatti affermato che, in caso di attacco alle loro capacità produttive, distruggeranno quelle di Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Azerbaigian ed Emirati Arabi Uniti (ovvero una produzione di circa 25 milioni di barili al giorno). Questo tipo di attacco non sarebbe senza precedenti, dal momento che sabato 14 settembre 2019 gli Houthi dello Yemen hanno lanciato un attacco con droni sugli impianti petroliferi sauditi di Abqaiq provocando una riduzione della produzione di circa cinque milioni di barili al giorno, ovvero il 50% della produzione mondiale. . Ciò ha causato un aumento del prezzo del barile con un picco del 20% nel lunedì successivo all’attacco. Anche se questo episodio di crescita non è durato, illustra chiaramente i fragili equilibri che governano il mercato petrolifero. Pertanto, una riduzione molto più significativa dell’offerta avrebbe un impatto significativamente maggiore sull’offerta di petrolio greggio in tutto il mondo e, in ultima analisi, sull’economia globale.

In conclusione, il mercato dell’oro nero mostra ancora tutta la sua complessità attraverso la combinazione di elementi fondamentali come la traiettoria economica dei paesi e la loro sete di petrolio, ma anche attraverso l’influenza della geopolitica e delle tensioni in Medio Oriente. Di fronte a tutti questi elementi e alle incertezze sugli sviluppi futuri, il prezzo del barile mostra momenti di febbre e momenti di calma a seconda del flusso incessante di informazioni a volte di difficile interpretazione. Quel che è certo è che l’oro nero è indelebilmente legato alla geopolitica e alle nebbie che lo avvolgono.

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