Le sacre reliquie della doxa

Le sacre reliquie della doxa
Le sacre reliquie della doxa
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L’ideologia dominante di un’epoca si riconosce dagli idoli che promuove, elogia e impone con tutti i mezzi, anche quelli legali. La cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici è stata solo uno degli episodi defunti di questa narrazione che deve continuamente annaffiare le anime e fabbricare opinioni. Di questo grande peplo kitsch e pomposo restano molti elementi decorativi. Cosa fare di questi scarti dello spettacolo? E in particolare di questi ” dieci donne d’oro » che emerse dalla Senna durante un dipinto intitolato “Sorellanza”.

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Che fare di queste statue monumentali in resina dipinta il cui cattivo gusto non cessa mai di rattristare? Che fare di queste figure sante profane e obbligatorie del giorno? Che fare di Simone de Beauvoir, Simone Veil, Gisele Halimi, Olympes de Gouges, Christine de Pisan, Louise Michel… e altri idoli profani e obbligatori? Gettare queste reliquie sante nella spazzatura sarebbe stato irrispettoso, persino blasfemo. E questo tanto più perché potevano e dovevano ancora essere utilizzate. Ancora una volta, per ispirare, illuminare, educare, ma soprattutto per guidare.

Ecco perché saranno installate davanti al sancta sanctorum, nel cortile dell’Assemblea nazionale, dove saranno visibili dal 21 settembre affinché la brava gente possa venerarle. Ma a cosa ci viene chiesto esattamente di inchinarci? Di cosa si chiamano questi volti santi? Di una liberazione, come ci è stato detto abbastanza spesso. Quella delle donne che lottano contro la loro servitù plurimillenaria a cui queste Pizie esibite avrebbero, grazie ai loro sforzi congiunti, posto fine. Questi racconti e leggende femministe basati sul postulato raramente esibito di un’infantilizzazione vittimistica e strutturale del femminile sono stereotipi diventati dogmi. Ecco perché ogni figura femminile che invalidasse questi miti del XX secolo e quindi suscettibile di decostruirli, doveva ovviamente essere esclusa da questo pantheon di plastica. Esclusa, cancellata!

Ciò che dobbiamo vedere qui non è ciò che ci è dato di vedere, ma ciò che ci è impedito di vedere. Ciò che questi ” dieci donne d’oro » mostrano che è proprio questo che nascondono: altre donne rese invisibili. Non vedrete quindi Sainte-Geneviève che, nel 451, si rivolgeva così ai parigini spaventati dall’avvicinarsi degli Unni Lasciate che gli uomini fuggano, se vogliono, se non sono più in grado di combattere. Noi donne pregheremo Dio tanto quanto Lui ascolta le nostre suppliche.” Non più di Marie de France, una donna di lettere del XIII secolo, ben prima di Christine de Pisan. Non più di Charlotte Corday il cui eroismo e senso di sacrificio valgono quelli di Louise Michel. Ancor meno di Simone Weil, l’autrice di ” Gravità e grazia “, il cui profondo pensiero relega Simone de Beauvoir al rango di ” filosofo per la classe dell’ultimo anno”.

Ciò che dobbiamo vedere qui non è ciò che ci è dato di vedere, ma ciò che ci è impedito di vedere.

L’elenco di questi ribelli invisibili è lungo. Hanno tutti in comune il fatto di aver liberamente affermato una figura del femminile ideologicamente scorretta per la doxa del nostro tempo. Una figura eterodossa: quella di una donna che non vorrebbe essere un uomo come gli altri.

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