«Shimoni» d’Angela Wanjiku Wamai
“Stai zitto adesso.”gli disse la guardia carceraria mentre apriva il cancello. Geoffrey non ha detto nulla. “Sarai felice qui, nel villaggio”disse lo zio, lasciandolo alle cure del prete, lontano dal paese dove viveva. Geoff non ha detto nulla. Il prete, la matrona che cura il suo interno, la giovane attratta da lui, l’artigiano che lo impiega hanno rivolto ciascuno un discorso, una predica, un consiglio, uno scherzo, un suggerimento a questo giovane installato in mezzo a loro. Non ha detto nulla.
Nel cinema il silenzio non è di per sé più virtuoso o emozionante della parola: la liberazione simultanea del magnifico Il Viaggiatore di Hong Sang-soo, dove le parole sono così importanti, basterebbe a ricordarcelo. Ma in questo sorprendente primo Film della giovane regista keniana Angela Wanjiku Wamai, è attorno a questo silenzio che si sviluppa il film. Nel bene (cinematografico) e nel male (per quanto riguarda ciò che il silenzio genera nella società – non solo nell’Africa rurale).
Iscriviti gratuitamente alla newsletter di Slate!Gli articoli vengono selezionati per te, in base ai tuoi interessi, ogni giorno nella tua casella di posta.
Il titolo è il nome del villaggio in cui è ambientato il film: significa “fossa” in kikuyu, la lingua di questa regione. Questo pozzo è anche quello del linguaggio sepolto del suo personaggio centrale, verso il quale convergono tutte le azioni, tutte le parole, tutti gli scambi avviati dai molteplici altri protagonisti.
Questo buco, questo crollo, è stato scavato in Geoffrey da due eventi traumatici, che infestano letteralmente il resto delle situazioni che il film descrive. La fossasenza mostrare violenza fisica, risuona la brutalità dei rapporti, le rigidità delle percezioni e dei modi di agire che governano una comunità.
La messa in scena organizza la presenza di corpi e voci come un’orchestra di affetti, modi di pensare, modi di regolare i comportamenti individuali e collettivi. Il silenzio di Geoff si oppone alle tante parole degli altri, ma li rimanda anche a ciò che tacciono.
È il rapporto con il linguaggio di questo sacerdote inchiodato al dogma del suo sacerdozio, è questo racconto spaventoso che ascoltano i bambini, è gli scambi di uomini e donne, soprattutto donne, per organizzare la vita comune, è i giovani il segreto della bambina e la speranza della bambina di andare a scuola che tessono questa trama tesa, vibrante, paradossale.
Beatrice (Vivian Wambui) e Martha (Muthoni Gathecha), due sguardi su Geoff, due modi di esistere. | Connessione Sudu
In questo intreccio di dichiarazioni si mescolano, oltre al silenzio di Geoffrey, altri silenzi: quello della donna che è stata convocata e che non può dire nulla della tragedia che ha subito, ma sa compiere un gesto che la traduce, quello di la comunità che resta silenziosa e cieca di fronte agli atti atroci inflitti da uno dei suoi.
Gradualmente, La fossa diventa la storia di questa macchinazione dei silenzi, al di là delle decisioni di ciascuno e delle sue parole – ipocrite, vendicative, ipocrite, affettuose, manipolatrici. Questa tensione, molto abitata dalle potenti incarnazioni di queste molteplici figure, definisce contemporaneamente la singolarità del film e la sua universalità.
La fossa
d’Angela Wanjiku Wamai
con Justin Mirichii, Muthoni Gathecha, Vivian Wambui, Sam Psenjen
Durata: 1h37
Rilasciato il 22 gennaio 2025
“In movimento” di Julia de Castro e María Gisèle Royo
Si inizia con l’appiccare incendi, l’imbarcarsi in una limousine decappottabile, rimanere bloccati, fare l’amore, incontrare una sirena cinese. Stavamo già ridendo e saltando, prima ancora di sapere con chi o cosa avevamo a che fare.
Chi sono questi personaggi, chi sono questi registi, cos’è questo film? Non ne sappiamo nulla, ne percepiamo solo l’energia, l’umorismo, un senso punk di trasgressione apparentemente folle e in realtà attento agli esseri, alle luci, ai suoni.
La regina di Triana nei panni di una sirena autostop (Chacha Huang) non è l’ultimo dei passeggeri sorprendenti del film. | Film in uscita
E questo non si fermerà, durante il turbolento primo lungometraggio di due cineaste, Julia de Castro e María Gisèle Royo, che hanno già un’importante attività in diverse pratiche artistiche. Cosa intuibile nell’invenzione che pullula in tutte le sequenze.
Con giubilo e un grande senso delle forme visive, In movimento narra così le avventure di Milagros, molto preoccupata di non poter presto avere figli, e di Jonathan, poeta gay molto attivo sulle app di appuntamenti, incendiario nel tempo libero, in un’Andalusia torrida, musicale e per nulla turistica.
Con questo film che rafforza la certezza che nel giovane cinema spagnolo stanno accadendo molte cose entusiasmanti, pensiamo tanto ai primi lungometraggi di Alain Guiraudie quanto a quelli di Pedro Almodóvar, o ai folli film di prove su strada degli anni ’80, ma il il film è molto moderno.
È vivace e attento alle emozioni sotto le sue apparenze da scolaretto, con invenzione visiva e piccoli gioielli nella colonna sonora musicale che, la sfida ultima per questo tipo di tentativo spettinato, rendeIn movimento non si esaurisce mai lungo il percorso.
In movimento
di Julia de Castro e María Gisèle Royo
con Julia de Castro, Omar Ayuso, Chacha Huang
Durata: 1h12
Rilasciato il 22 gennaio 2025
“Tutti per uno” di Houda Benyamina
Ovviamente questo è uno stratagemma. O meglio un “concept”, come dicono i pubblicitari per evidenziare un trucco. Ma poi… Poi, la messa in moto, nella storia, nel corpo di questa idea del fare Tre moschettieri un’avventura al femminile si rivela ricca di tanti momenti vivaci, intensi, divertenti o giustamente arrabbiati che l’operazione è in effetti più che giustificata.
Facendo del suo D’Artagnan un Morisco in pericolo di espulsione dal territorio francese, e Athos, Porthos e Aramis, con nomi appena modificati per continuare a giocare con il classico fondatore, figure più complesse della semplice inversione di genere, Tutti per uno
gioca sia la carta dello spettacolo del mantello e del pugnale che quella delle domande più sottili sull’identità.
D’Artagnan (Oulaya Amamra), Athos (Sabrina Ouazani), Aramitz (Daphne Patakia), Portau (Déborah Lukumuena). | Distribuzione UGC
L’invenzione di nuovi rapporti con la regina, e tra lei e il re, mescola ammiccamenti vaudevilleschi e modi di giocare con i codici in modo più diversificato, se non proprio sfumato.
Iniettando il vigore ispirato di Thelma e Louise negli episodi tratti dalle tribolazioni del quartetto inventato da Alexandre Dumas in “Les Ferrets de la Reine”, il film di Houda Benyamina sventa in parte la trappola in cui, per il suo più grande ma discutibile successo, era chiuso, Divini
che il regista ha rivelato nel 2016.
Sfuggendo al semplicismo della simmetria che offre alle donne comportamenti solitamente riservati ai maschi, la sceneggiatura ma soprattutto la vivace incarnazione delle quattro attrici arricchiscono l’efficace film d’avventura che continua ad essere Tutti per uno.
Il modo in cui vengono messi in scena la violenza, la furia, l’odioso panico degli uomini di fronte alla loro trasgressione diventa il carburante legittimo per eccellenza per un film la cui combattività non si limita alle scene del duello.
Tutti per uno
de Houda Benyamina
con Oulaya Amamra, Sabrina Ouazani, Daphne Patakia, Deborah Lukumuena
Durata: 1h36
Rilasciato il 22 gennaio 2025
!funzione(f,b,e,v,n,t,s) {if(f.fbq)return;n=f.fbq=funzione(){n.callMethod? n.callMethod.apply(n,argomenti):n.queue.push(argomenti)}; if(!f._fbq)f._fbq=n;n.push=n;n.loaded=!0;n.version=’2.0′; n.coda=[];t=b.createElement(e);t.async=!0; t.src=v;s=b.getElementsByTagName(e)[0]; s.parentNode.insertBefore(t,s)}(window, document,’script’, ‘https://connect.facebook.net/en_US/fbevents.js’); fbq(‘init’, ‘714463525321423’); fbq(‘traccia’, ‘Visualizzazione di pagina’);
Related News :