(San Francisco) Meta continua la sua svolta politica: il colosso dei social media ha deciso di porre fine ai grandi programmi volti a promuovere la diversità in termini di reclutamento, un’ulteriore misura che allinea il gruppo californiano a Donald Trump.
Pubblicato alle 16:27
Questi programmi, che riguardano anche l’assunzione, la formazione e la selezione dei fornitori, scompariranno immediatamente, secondo una nota interna riportata venerdì da Axios e confermata da Meta all’AFP.
In questa nota, la società madre di Facebook, Instagram e WhatsApp spiega che la rotta sta cambiando perché “sta cambiando il panorama giuridico e politico intorno agli sforzi in materia di diversità, equità e inclusione negli Stati Uniti”.
“Noi serviamo tutti”, si legge nella nota, chiarendo che la società continuerà a cercare candidati provenienti da contesti diversi, rimuovendo al contempo gli obiettivi specifici di rappresentanza per le donne e le minoranze etniche che erano in vigore.
Negli ultimi mesi, altre grandi aziende americane come McDonald’s, Ford e i supermercati Walmart hanno annunciato che stanno invertendo alcune delle loro pratiche di diversità, dopo che una sentenza della Corte Suprema nel 2023 ha posto fine alle misure di azione affermativa nelle ammissioni universitarie, uno dei risultati della politica civile lotta per i diritti degli anni ’60.
“La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente emesso decisioni che segnalano un cambiamento nel modo in cui i tribunali affronteranno la questione del DEI” (acronimo di “diversità, uguaglianza e inclusione”, ndr), sottolinea Janelle Gale, vicepresidente delle risorse umane della Meta, nel suo promemoria interno.
Anche il termine “DEI” è diventato controverso, in parte perché è visto da alcuni come una pratica che suggerisce un trattamento preferenziale di alcuni gruppi rispetto ad altri.
Janelle Gale, Meta vicepresidente delle risorse umane
Lo spostamento degli affari avviene nel contesto di un’offensiva “anti-woke” guidata dai repubblicani.
In California, Elon Musk e la sua piattaforma X hanno liberato voci conservatrici che tradizionalmente avevano poca portata nello stato democratico e progressista.
Mark Zuckerberg, il capo di Meta, come molti dei suoi vicini e concorrenti, ha fatto delle avance nei confronti di Donald Trump già quest’estate, e soprattutto dopo la sua elezione.
Ha cenato con lui a novembre, ha donato 1 milione di dollari alla sua cerimonia di insediamento il 20 gennaio e ha nominato molti dei suoi alleati in posizioni chiave.
Questa settimana si è concluso il fact-checking statunitense, un programma gestito da organizzazioni indipendenti in tutto il mondo, nato in risposta all’ondata di disinformazione sulle sue piattaforme, che preoccupava le autorità democratiche.
Questa inversione di tendenza nel fact-checking ha causato un’ondata di preoccupazione in molti paesi, dall’Europa all’Australia, passando per il Brasile, fino alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa.
Se Meta generalizzasse la sua decisione al mondo intero, le conseguenze sarebbero drammatiche, avverte anche l’International Fact-Checking Network (IFCN), che riunisce più di 130 organizzazioni, tra cui l’AFP.
L’AFP partecipa in più di 26 lingue a un programma di fact-checking sviluppato da Facebook, che paga più di 80 media in tutto il mondo per utilizzare le loro risorse sulla sua piattaforma, su WhatsApp e su Instagram.
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