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Per un’IT “sostenibile”, riaffermare l’ambizione emancipatrice del software libero

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Il 4 novembre 2024 April ha pubblicato un testo di “posizione” sulle sfide dell’IT cosiddetta “sostenibile”. Un testo frutto di un lavoro collaborativo dal titolo: “Riaffermare l’ambizione emancipatrice del software libero per rispondere meglio agli impatti dell’IT sull’ambiente”.

Il presente testo di posizione, riprodotto di seguito, è disponibile per la lettura anche sul sito di aprile e in formato PDF.

Riepilogo

Riaffermare l’ambizione emancipatrice del software libero per rispondere meglio agli impatti dell’IT sull’ambiente

Gli squilibri ambientali, causati dalle attività umane, impongono sempre più la loro realtà e mettono ogni giorno in discussione l’abitabilità del pianeta. Questa realtà mette in discussione i nostri usi e le nostre pratiche e modifica i quadri sociali, economici e politici. Solleva la questione di cosa significhi “calcolo libero” di fronte a queste sfide e deve spingerci ad agire, per rendere il software libero una leva per il cambiamento di fronte a una questione vitale.

In un contesto del genere, rompere con i miti della “neutralità tecnologica”1 e il “tecnosoluzionismo”2 è essenziale. Gli strumenti informatici in particolare, attraverso la loro onnipresenza, hanno un’influenza significativa sul nostro rapporto con gli altri e con il nostro ambiente. Qualsiasi riflessione sulle tecnologie, anche quando si tratta di considerare il loro impatto sugli equilibri climatici, deve essere affrontata soprattutto come un tema politico.

Vengono utilizzati molti termini, spesso abusati, per esprimere queste considerazioni: IT “sostenibile”, “digitale responsabile”, “etico”, “accettabile” o “sobrietà digitale”. Qualunque sia il termine utilizzato, l’importante è conciliare gli imperativi ambientali con l’uso continuo e crescente delle tecnologie informatiche. E se questo non è conciliabile, arbitrare in coscienza, con l’unico obiettivo dell’interesse dell’umanità, perché l’abitabilità del pianeta è un criterio non negoziabile.

Immagine di Gee (modificata), disponibile sotto la licenza Creative Commons 2.0 (CC BY 2.0).

Promuovere e difendere la vocazione emancipatrice del software libero

Una dimensione importante del software riguarda la sua controparte giuridica, vale a dire la sua licenza d’uso, una forma di contratto che descrive le libertà concesse – o meno.3 – alle persone che utilizzano il software. E quando parliamo di software libero, molto spesso, parliamo della loro licenza. Tuttavia, le quattro libertà – di studio, utilizzo, modifica e condivisione – sono il fondamento del software libero4sono principi etici e politici, prima che clausole contrattuali incarnate in licenze libere.

Fin dalle sue origini, il software libero ha avuto una vocazione emancipatrice che April sottoscrive pienamente.

L’emancipazione avviene a lungo termine

L’emancipazione può essere definita come “l’azione di liberarsi o liberarsi dall’autorità, dalle servitù o dai pregiudizi. »5

Una vocazione emancipatrice mira ovviamente a promuovere le libertà individuali. Integra anche ambizioni di uguaglianza e solidarietà, come rifiuto delle relazioni di dominio.

L’empowerment deriva dall’educazione e dalla condivisione della conoscenza. Presuppone l’esercizio della democrazia nel processo decisionale e induce il primato dell’interesse collettivo sugli interessi individuali.
Il perseguimento di interessi comuni, illuminati da una conoscenza liberata da ogni servitù, è inevitabilmente parte del lungo periodo.

La vocazione emancipatrice del software libero lo rende una forza di trasformazione sociale, che deve aprire la strada a un’informatica più sostenibile.

Perché la strada rimanga lunga, deve essere libera6

Attraverso l’etica del software libero che difende e promuove, April agisce per l’informatica al servizio degli utenti. Agisce per consentire loro il controllo collettivo delle loro apparecchiature e servizi e l’autonomia nel processo decisionale nei confronti dei produttori e degli editori di software.

Utilizzare software con licenze libere significa già agire per un IT più in linea con i temi della sostenibilità.

Ma questa affermazione è sufficiente a riflettere l’ambizione emancipatrice del software libero, nel contesto del cambiamento ambientale?

Come possiamo, infatti, immaginare un “calcolo libero” che ignori la questione urgente delle nostre condizioni di vita e di quelle delle generazioni future?

Per aprile è innanzitutto:

  • riaffermare qui il legame tra lotta ecologica e lotta per le libertà informatiche,
  • continuare a impegnarsi nelle questioni istituzionali che sollevano queste domande, per far sentire la voce del software libero. Come ha potuto fare, ad esempio, sulla legge AGEC nel 20197,
  • continuare, più in generale, a lottare contro il potere di influenza degli oligopoli IT privati ​​sulle politiche pubbliche,
  • essere vigili nelle proprie pratiche interne: favorire prodotti ricondizionati, fornitori “etici” per i propri prodotti, trovare persone locali per eventi o favorire viaggi in treno, partecipare al progetto Patto per la Transizione8 ecc;9

Si tratta quindi, in qualità di principale associazione francese per la promozione e la difesa del software libero, di interrogarsi su cosa significhi “creare (e utilizzare) software libero”.

Se la risposta è senza dubbio ancora tutta da costruire, passerà dallo sviluppo di pratiche virtuose che si basino su comunità critiche, aperte a tutti, sempre a partire dalla questione fondamentale dei bisogni.

Sviluppare pratiche che rispondano alle sfide

Come la privacy fin dalla progettazione10consideriamo al centro pratiche sobrie di sviluppo del software, fin dalla fase di progettazione, e rafforziamo le azioni intraprese da lungo tempo. Vale a dire:

  • Integrare l’impatto dei trattamenti fin dalle fasi di sviluppo: energia, prestazioni delle apparecchiature, ecc.
  • Fornire compatibilità con le versioni precedenti e versioni “leggere” adattate ad hardware più vecchi o più frugali e a reti a bassa velocità.
  • Sostieni lo sviluppo scrivendo codice leggibile e ben documentato.
  • Pensa all’interoperabilità. Privilegiare formati aperti e standard standardizzati.
  • Contribuire a ciò che già esiste anziché ripartire da zero quando possibile.

In altre parole, facilitare la cooperazione, la messa in comune e il riutilizzo anziché la competizione e il consumo eccessivo di risorse.

Naturalmente queste domande non sono specifiche del software libero. Tutto lo sviluppo del software dovrebbe ispirarsi ad esso. Grazie alle licenze libere e alle pratiche aperte e collaborative che si sono sviluppate, il software libero incoraggia e facilita l’implementazione di queste considerazioni. Cerchiamo però di essere chiari: questo non significa che tutti i software con licenza libera integrino completamente queste problematiche. Il software libero spesso rimane soggetto agli imperativi dell’attuale sistema economico e può essere mantenuto da (molto) poche persone.

Ritorno alle origini: la questione dei bisogni

Anche se ovviamente dobbiamo mettere in discussione e continuare a sviluppare le pratiche di sviluppo, l’argomento è più fondamentale e solleva la questione dei bisogni a monte.

“Chi non si accontenta di poco non si accontenterà mai di niente. »11

Nei nostri utilizzi, torniamo alle origini ed evitiamo la corsa alle prestazioni. Mettiamoci in discussione l’utilità dell’elaborazione informatica rispetto ai costi ambientali e sociali12. In realtà, inoltre, la definizione dei bisogni e del modo migliore per rispondervi deve avvenire ancor prima di un’eventuale implementazione informatica. Accettiamo quindi che, a volte, essere “responsabili” significhi semplicemente non utilizzare le tecnologie digitali, anche quelle gratuite.

Se questo deve guidarci come bibliotecari, la questione è sociale. Le scelte tecnologiche devono essere politicizzate. Queste scelte riguardano essenzialmente i bisogni. Come vengono definiti? Da chi? Quali sono le modalità per rispondere? Quale controllo sull’attuazione delle soluzioni decise? ecc. Non possono essere ridotte a questioni individuali. Devono essere arricchiti dal dibattito pubblico e, se necessario, trovare la loro risposta in decisioni collettive.

Come le regole per la stesura delle leggi in un regime democratico – basate sulla trasparenza e sulla capacità di contribuire ad esse, o anche di contestarle –, le quattro libertà del software libero costituiscono una base minima per consentire a chiunque lo desideri di partecipare alle decisioni relative al software che utilizzano.

Le questioni legate al dissesto ambientale sono strettamente legate alle questioni democratiche. Per quanto riguarda le tecnologie informatiche, i principi base del software libero sono in questo senso condizioni per padroneggiare, nel tempo, le risposte da costruire.

Le grandi multinazionali della tecnologia digitale hanno il potere di imporre i propri ritmi e le proprie scelte13. Hanno la capacità di agire sulla definizione stessa degli usi e dei bisogni. Il software libero può rappresentare dei contropoteri che permettono di resistere al loro dominio. Liberarsi dalla loro autorità e dalla servitù ai loro strumenti.
Questa idea di contropotere si esprime già in modo molto concreto nel fatto di sviluppare strumenti che sfuggono al controllo di queste aziende. Incarna anche la lotta contro un modello dannoso e la difesa di un altro immaginario politico intorno alle tecnologie digitali, emancipativo, basato sulla condivisione, sull’aiuto reciproco e sulla promozione dell’interesse comune.

Comunità critiche aperte a tutti

Uno dei punti di forza del software libero è quello di consentire l’emergere di comunità, che lavorano verso un progetto comune. È all’interno di queste comunità che gli utenti, dai principianti agli esperti, e le persone che producono il codice e la documentazione possono collaborare.

Una comunità critica, aperta a tutti e basata su regole operative chiare, aiuta a produrre progetti software quanto più vicini possibile ai bisogni reali, con codice orientato al risparmio di risorse. L’ambizione di April è sostenere e promuovere la nascita e il rafforzamento di tali comunità.

Una prima chiave di volta di questa ambizione è l’educazione critica nel e con il software libero. Prerequisito necessario per rendere tangibili le libertà informatiche e consentire a tutti di essere attrezzati per investire pienamente in queste comunità.

Un secondo è il sostegno a queste comunità da parte delle autorità pubbliche, in particolare attraverso gli investimenti. Ciò presuppone una priorità per il software nel settore pubblico e l’istituzione di una vera politica di contributo al software libero che utilizzano, piuttosto che un semplice utilizzo passivo da parte delle amministrazioni.

Per riassumere

Fin dalle sue origini, il software libero ha avuto una vocazione emancipatrice. Un’ambizione che rende il software libero una forza di trasformazione sociale in grado di contribuire all’emergere di un’IT più sostenibile.

Usare e promuovere il software libero significa già agire per un’IT più in sintonia con le questioni ecologiche. Dobbiamo anche considerare al centro delle semplici pratiche di sviluppo software, fin dalla fase di progettazione, la facilitazione della cooperazione, della condivisione e del riutilizzo piuttosto che della competizione e del consumo eccessivo di risorse.

Dobbiamo tornare alle origini, cioè partire dalla questione dei bisogni degli utenti.

Per quanto riguarda le tecnologie informatiche, i principi del software libero costituiscono un baluardo e una risposta collettiva contro il dominio delle grandi multinazionali delle tecnologie digitali. Di fronte a tutto ciò, il rafforzamento delle comunità critiche, premurose e inclusive è un’ambizione da difendere. Ed è anche la condizione sine qua non per un’IT veramente emancipatrice e quindi sostenibile.

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