L’industria della robotica sta cercando di progettare robot umanoidi in grado di operare in un mondo modellato da e per gli esseri umani. Tuttavia, questo sogno deve ancora affrontare grossi ostacoli.
Tra queste sfide c’è la riproduzione di movimenti agili e complessi. In altre parole, riuscire a coordinare tutte le articolazioni e mantenere così un equilibrio sufficiente affinché il robot possa avanzare senza inciampare. Queste difficoltà sono accompagnate da vincoli energetici, con le batterie attuali che limitano la loro autonomia a una o due ore per ricarica.
Rendere la robotica più accessibile
Di fronte a questi ostacoli, le aziende del settore prediligono un approccio pragmatico cercando di rispondere alle esigenze concrete del mercato puntando, a lungo termine, all’obiettivo di un robot completamente umanoide in grado di camminare. È in questo contesto che trovano il loro posto i semi-umanoidi. Progettati per automatizzare determinate attività, operano in ambienti in cui la mobilità sulle gambe non è essenziale. Gli appassionati di cinema non mancheranno di tracciare un parallelo con l’iconico taxi robot del film Atto di forza. Una visione futuristica che appare oggi meno distante e inverosimile che allora.
Questi robot, più accessibili e meglio adattati ai vincoli attuali, rappresentano un promettente passo intermedio. Offrono alle aziende l’opportunità di generare entrate, attrarre investimenti e guadagnare la fiducia dei clienti, compresi quelli che potrebbero essere riluttanti ad abbracciare queste nuove tecnologie.
Il Rainbow Robotics-Y1, un robot a doppio braccio montato su una piattaforma mobile con ruote, ne è un esempio concreto. Presentato lo scorso aprile, ha registrato una trentina di preordini e un andamento dei sinistri vicino a quello dei robot industriali. In un altro albo, la società Neuromeca si sta concentrando su un robot semi-umanoide destinato al settore medico. E queste sono solo due iniziative in un settore estremamente variegato.
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