A cavallo tra neuroscienze e informatica, un ricercatore dell’EPFL ha progettato un algoritmo di intelligenza artificiale (AI) in grado di prevedere gli effetti della sorpresa o della novità sul comportamento. Uno strumento che potrebbe essere utile in psichiatria o in ambito educativo, per esempio.
Nella sua tesi di dottorato, Alireza Modirshanechi, ricercatore presso il Laboratorio di Neuroscienze Computazionali del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), ha progettato un algoritmo descritto come un agente artificiale intelligente che imita gli esseri umani. Sottoposto agli stessi esperimenti, esegue gli stessi compiti con gli stessi risultati.
Scopo dell’operazione: definire meglio l’effetto sorpresa e studiarne l’impatto su diverse funzioni cerebrali. Utilizzando esperimenti classici negli studi comportamentali, lo specialista ha sviluppato una tassonomia di 18 diverse definizioni matematiche di sorpresa e novità.
Modirshanechi ha poi esplorato le somiglianze di queste definizioni, le loro differenze e le condizioni che le rendono indistinguibili. Il suo algoritmo distingue così la sorpresa, considerata come modulatore della velocità di apprendimento, e la novità, motore di esplorazione verso una meta.
Prova le previsioni
“Lo abbiamo quantificato matematicamente”, spiega il ricercatore, citato venerdì in un comunicato stampa dell’EPFL: “Possiamo così distinguere che la sorpresa accelera il processo di apprendimento, mentre la novità spinge l’esplorazione. Possiamo dissociare i segnali nel cervello.
Un secondo passo consisteva nel testare le previsioni dell’algoritmo sugli esseri umani per vedere se erano coerenti. Lo scienziato ha analizzato il comportamento e i dati dell’elettroencefalogramma (EEG) di soggetti umani in esperimenti cognitivi. “Siamo riusciti a prevedere tra il 60 e l’80% delle decisioni che i soggetti avrebbero preso durante gli esperimenti”, spiega il ricercatore.
“Tutti sanno che quando lasci cadere una mela, cade. Ma Newton trovò la formula che lo spiega. Questo è il nostro obiettivo. Siamo stati in grado di definire l’algoritmo che prevede quando e in che misura il soggetto è sorpreso e possiamo spiegare con quale equazione gli esseri umani imparano più velocemente quando sono sorpresi”, spiega.
Una base per la ricerca
Questo algoritmo costituisce una base per ulteriori ricerche. “Ad esempio, l’EEG suggerisce che le persone affette da schizofrenia hanno una prospettiva diversa sulla sorpresa rispetto a quelle dei gruppi di controllo. Ma non sappiamo quanto sia diversa la loro prospettiva”, osserva lo specialista.
In altri campi, come l’istruzione, questa base potrebbe consentire di esplorare strade per l’uso della sorpresa al fine di rafforzare il processo di apprendimento o di memorizzazione.
L’altro contributo di questo lavoro è l’intelligenza artificiale. “La maggior parte degli algoritmi esistenti si basa su un ambiente stabile. Dobbiamo quindi integrare questi segnali a sorpresa per aggiornare i nostri modelli e progettare un’IA più affidabile e sicura”, conclude il ricercatore post-dottorato.