Francia: il governo fragile di Michel Barnier

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Il governo fragile di Michel Barnier

Appena nominata, criticata da più parti, la nuova squadra del Primo Ministro francese è già minacciata dalla censura.

Pubblicato oggi alle 17:34

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Risolutamente di destra e che suggella l’alleanza dei macronisti con i LR. Ecco come potremmo riassumere domenica la nuova squadra del primo ministro francese, Michel Barnier, i cui grandi nomi erano già trapelati a fine settimana. Dopo undici settimane di quasi-paralisi, la sua sfida principale sarà quella di resistere abbastanza a lungo per adottare un bilancio, una delle tante emergenze del momento. Ma ci riuscirà anche di fronte al clamore che l’annuncio ha suscitato?

“Il mio mandato è fragile, ma faremo del nostro meglio”, ha assicurato il Primo Ministro a France 2 domenica sera. “Parleremo in un clima di maggiore coesione, di maggiore fraternità”. Un appello a tutti i suoi ministri a serrare i ranghi dietro di lui.

Incarnazione della destra conservatrice, questa “vecchia destra francese” che fa digrignare i denti ai suoi oppositori, il presidente del gruppo Les Républicains (LR) al Senato, Bruno Retailleau, assume il portafoglio molto strategico degli Interni. A 63 anni, uno dei rari pesi massimi di questo governo dopo la partenza di Gérald Darmanin, dovrà gestire dossier minati, come la lotta al narcotraffico o l’immigrazione. Su questo punto, il nuovo ministro ha a lungo difeso l’istituzione di una preferenza nazionale per l’accesso alle prestazioni sociali.

Anche Macronie è in una buona posizione con dodici rappresentanti su 39. Quanto al MoDem, eredita il prestigioso Quai d’Orsay ora guidato da Jean-Noël Barrot. Europeista, il nuovo ministro degli Esteri dovrà lottare duramente per uscire dall’ombra di un presidente che non ha intenzione di mollare gli incartamenti. L’assegnazione dell’incarico sarebbe stata oggetto di un’aspra lotta tra Michel Barnier ed Emmanuel Macron, si sussurra dietro le quinte.

Quelli che salvano la testa

In mezzo a queste nuove facce che dovrebbero farci dimenticare la continuità, sette ministri del governo Attal vengono riconfermati, nonostante la sconfitta del campo presidenziale alle elezioni legislative. Rachida Dati mantiene la Cultura, Sébastien Lecornu le Forze armate. Dopo il Lavoro e la Salute, Catherine Vautrin viene promossa a ministro “partner dei territori”.

La ministra della Cultura Rachida Dati sui gradini dell'Eliseo, 21 maggio 2024.

Fedele seguace di Emmanuel Macron, Agnès Pannier-Runacher diventa Ministro della Transizione Ecologica, dell’Energia, del Clima e della Prevenzione dei Rischi. Porta con sé la visione del nucleare francese e la sua nomina sta già facendo infuriare alcuni circoli ambientalisti.

Mentre il Primo Ministro domenica sera ha promesso di “prendersi il tempo per migliorare la riforma delle pensioni”, entrata in vigore nonostante i disaccordi, un’altra nomina potrebbe spingere i francesi in piazza. I sindacati degli insegnanti stanno già sparando bordate al Ministro dell’Istruzione, la deputata del Renaissance Anne Genetet, che considerano un “errore di casting”.

Due giovani a Bercy

In questo governo decisamente di destra, solo una figura viene dalla sinistra, il nuovo ministro della Giustizia Didier Migaud, che sostituirà Eric Dupond-Moretti, un’altra partenza degna di nota. Non proprio un bottino di guerra, visto che ha lasciato il Partito Socialista nel 2010.

Ma nei prossimi giorni, gli occhi saranno puntati su due giovani macronisti, sconosciuti al grande pubblico, che succederanno al potente Bruno Le Maire alla guida di Bercy: Antoine Armand, 33 anni, laureatosi all’ENA solo sei anni fa, verrà promosso ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, mentre Laurent Saint-Martin, 39 anni, diventerà ministro del Bilancio. Erediterà la missione più delicata del momento: finalizzare un bilancio per il 2025 e porre fine alla deriva delle finanze pubbliche.

Il nuovo ministro dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria Antoine Armand, a Parigi, 9 luglio 2024.

Pioggia di critiche

La combinazione è fragile, lontana dall’unità nazionale promessa da Emmanuel Macron. Fin dalla sua nomina, ha fatto arrabbiare l’opposizione. “Questa combinazione non ha né legittimità né futuro. Dobbiamo liberarcene il prima possibile”, afferma Jean-Luc Mélenchon, leader di La France insoumise, su X. “Questo non è un governo ma un rimpasto”, continua il comunista Fabien Roussel. “Una combinazione che sembra già traballante”, ritiene François Hollande, mentre il primo segretario del Partito socialista Olivier Faure ha già annunciato il deposito di una mozione di censura.

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Ma per farla passare, la sinistra avrà bisogno dei voti del Raggruppamento Nazionale (RN). Se il suo presidente, Jordan Bardella, non vede “nessun futuro” in questo governo che “firma il ritorno del macronismo dalla porta di servizio”, aspetta di saperne di più sull’evoluzione del bilancio prima di prendere una decisione. Il fragile esecutivo è stato creato grazie al tacito sostegno del RN e dei suoi 126 deputati nell’Assemblea. Che potrebbero benissimo farlo inciampare in poche settimane.

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Virginie Lenk è giornalista nella sezione internazionale dal 2019, specializzata in ambiente. In precedenza ha lavorato presso RTS.Maggiori informazioni

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