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Tutto questo, ovviamente, sotto la copertura di un umorismo dubbio, che vuole essere leggero ma che cade pesantemente nel cattivo gusto.
E come se non bastasse, Kate Finn, moglie di Geoff Molson, proprietario dei Montreal Canadiens, non è stata risparmiata da questa farsa.
La sua immagine, accompagnata dal marito, è stata postata per diventare bersaglio di commenti gratuiti, trasformando una figura privata in un grottesco oggetto di dibattito.
Peggio ancora, il video, pur avendo pochi commenti, continua a circolare, amplificando l’umiliazione pubblica.
La cosa più disgustosa di tutto questo è che questo tipo di contenuti riflette una cultura online tossica in cui i personaggi pubblici o i loro cari diventano oggetti di intrattenimento.
Le mogli dei dirigenti delle squadre non hanno mai chiesto di essere al centro dell'attenzione e tanto meno di essere giudicate con criteri così semplicistici.
Questo tipo di pubblicazioni riduce la loro esistenza a stereotipi sessuali, disumanizzando queste donne riducendole a immagini su cui estranei rivendicano il diritto di speculare.
Per Geoff Molson la situazione è altrettanto delicata.
Come reagisci quando la persona più importante della tua vita diventa bersaglio di tali contenuti?
Forse può consolarsi dicendosi che il commento su di lei lo era “lusinghiero”ma siamo onesti: questo non cancella in alcun modo l'umiliazione che questa pubblicazione rappresenta.
Al di là di Kate Finn, questo video pone una domanda cruciale: a che punto decidiamo, come società, che il comportamento online deve essere regolamentato?
Quando viene oltrepassato il confine tra umorismo e bullismo? Non c'è niente di divertente in questo tipo di video. È un attacco diretto, un gesto gratuito che non fa altro che rafforzare l’idea che sui social tutto è permesso, a scapito della dignità umana.
È tempo di chiedersi quali siano le reali ricadute di queste pubblicazioni. Sebbene questo video possa sembrare insignificante per alcuni, è un esempio lampante di una cultura online in cui l’empatia sta scomparendo a favore della viralità.
Le donne prese di mira non hanno mai chiesto di essere messe in questa posizione e non dovrebbero subire le conseguenze delle azioni sconsiderate di un creatore di contenuti affamato di attenzione.
Questa non è la prima volta che contenuti inappropriati fanno il giro dei social media e sfortunatamente non sarà l'ultima.
Ma ciò che rende questa situazione particolarmente preoccupante è il modo in cui è stata normalizzata. Il video è stato visto, condiviso e commentato, senza che nessuno sembrasse mettere in discussione i limiti di questo genere di contenuti.
Per Kate Finn e le altre donne colpite da questo video, il danno è fatto.
Ma forse questo incidente può fungere da catalizzatore per una riflessione più ampia su come utilizziamo i social media.
È tempo di tracciare un limite, riaffermare che certi comportamenti sono semplicemente inaccettabili e ritenere responsabili coloro che contribuiscono a questa cultura tossica.
Nel frattempo non possiamo che avere un pensiero sincero per Kate Finn e tutte le altre donne che sono state, loro malgrado, coinvolte in questo vergognoso scandalo.
Perché dietro le foto e i video ci sono esseri umani con emozioni, famiglie e vite che non dovrebbero mai diventare il parco giochi di una manciata di persone in cerca di novità.
E se Geoff Molson dovesse rispondere a tutto questo?
Forse dovrebbe semplicemente sottolineare che né lui né sua moglie hanno accettato di fare le comparse in un circo del genere.
Hanno scelto di rappresentare i Montreal Canadiens, di non diventare oggetto di un giudizio pubblico tanto assurdo quanto offensivo.
La miseria…
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