Il torneo internazionale di Rugby, organizzato dalla FRMR, ha raggiunto il suo obiettivo, con la qualificazione del Marocco al turno successivo. E in un modo bellissimo. Le nazionali sono arrivate prime nel girone con due grandi vittorie contro il Botswana 64-0 nella partita di apertura e 53-37 nella finale contro il Madagascar.
Il grazioso stadio del COC, sede degli incontri, non vedeva partite della nazionale di palla ovale da cinque lunghi anni e questo ritorno alla ribalta non poteva che rallegrare i tanti appassionati di questo sport in Marocco. Il festival delle prove, frutto delle grandi prestazioni del gruppo offensivo e della velocità delle ali, ha permesso agli spettatori di riconnettersi con l’allegria di un passato non così lontano. Abbiamo visto anche qualche lacrima scendere sulle guance di ex giocatori, apparentemente forti, ma dal cuore sensibile, alla fine del torneo.
Il rugby in Marocco sta emergendo da un lungo periodo di letargo durante il quale si sono accumulati tutti gli ingredienti del fallimento: malgoverno, conflitti personali, intrusione della politica negli affari sportivi, incompetenza e rottura con l’ambiente internazionale. I suoi leader hanno dimenticato ciò che costituisce il fondamento del Rugby, i suoi valori umani basati sull’educazione, lo spirito di famiglia, l’umiltà e l’assenza di ambizioni personali.
Nato all’interno dell’università della cittadina inglese che porta il suo nome, il Rugby mira a incarnare l’integrità nello sport, ovvero una sottile miscela di onestà e fair play. I giocatori danno tutto in campo, senza ritegno, e alla fine rispettano, senza battere ciglio, le decisioni dell’arbitro.
In questo sport, più che in altri, i vincitori rispettano i perdenti e questi ultimi si congratulano con gli avversari in un festoso spirito di cameratismo. Il rugby sviluppa lo spirito di squadra e valorizza il collettivo, si basa sulla disciplina, sul coraggio e sul sacrificio di sé.
Incoraggiare il rugby significa infondere valori preziosi nella società marocchina. Sono in linea con le ambizioni che tutti noi abbiamo per il Paese. Li abbiamo un po’ trascurati, mentre paradossalmente il Marocco poteva contare su valori sicuri in loco e all’estero.
Oltre ad aver dato giocatori di talento allo sport nazionale, il rugby marocchino ha prodotto leader di qualità. Si sono distinti sulla scena nazionale nello sport, nel mondo degli affari e attraverso le loro azioni sociali. Due, tra una serie di dirigenti marocchini, sono riusciti a raggiungere lo schermo distinguendosi a livello internazionale.
Il primo di loro, Aziz Bougja, si distinse particolarmente su scala africana. Attraverso il suo attivismo e la presenza permanente in campo, ha ampiamente contribuito all’influenza del Marocco attraverso il rugby. L’ex giocatore del COC è stato prima presidente della Federazione reale marocchina di rugby prima di candidarsi alla carica di presidente di Rugby Africa, che ha contribuito a creare. Sotto la sua presidenza, il numero dei paesi coinvolti nel rugby è passato da 6 a 32. Una valutazione che oggi gli conferisce uno status speciale nel continente e presso gli organismi internazionali.
Il secondo, più conosciuto e celebre, è senza dubbio Abdelatif Benazzi, ex giocatore dell’Union Sportive d’Oujda. Ha avuto un’ottima carriera da giocatore all’estero, con una carriera notevole nella squadra francese dopo un cambio di nazionalità sportiva. Sotto i colori tricolori si è rapidamente affermato fino a diventare il capitano che tutti rispettano. Un uomo di valore che non ha mai rinnegato il suo Paese d’origine e tanto meno la sua città natale anche se possiamo imputargli un leggero allontanamento, all’apice della sua carriera, dal rugby marocchino. Probabilmente non voleva intromettersi nei problemi della federazione, questo lo possiamo capire.
Si candidò alla presidenza del World Rugby con l’invidiabile status di favorito. Ha difeso un’altra idea, più democratica e più conquistatrice del rugby, oggi nelle mani esclusive dei poteri di questo sport. A differenza della FIFA, dove ogni paese membro ha un voto, il World Rugby dà il posto d’onore alle potenze.
Le federazioni delle sei nazioni europee, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Galles, Italia e Francia e quelle delle potenze del Sud: Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Fiji e Sud Africa hanno tre voti ciascuna, Uruguay, Romania, Georgia e Giappone, considerate potenze intermedie, hanno diritto ad un voto, mentre il resto dell’Africa ha solo due voti.
Abdelatif Benazzi voleva affrontare gradualmente questa ingiustizia e aveva il sostegno dell’Europa e degli altri paesi del Sud, rappresentati dalle loro confederazioni. Le loro voci gli erano state promesse, due di loro gli mancavano. È motivo di polemiche e rammarico: per il Marocco in primis e per la divulgazione e promozione del Rugby nel mondo. Perdendo, Benazzi ha comunque fatto punti: oggi nel Comitato Esecutivo siede un africano, il Mensah ghanese.
Non si fermerà qui. Si sta già posizionando per la prossima assemblea elettiva con probabilmente una maggiore presenza sul territorio per non lasciare nulla al caso in futuro. Ciò fa ben sperare, il rugby nazionale, con tali asset, può ricominciare a vedere il futuro con ottimismo. Quando ritorna lo spirito di famiglia, tutto diventa di nuovo possibile.
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