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Romelu Lukaku e i media: una parola contava

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Decide lui quando parla

La sua presenza era stata infatti suggerita in un’occasione o nell’altra, prima di essere cancellata da una federazione che si piega al volere di un giocatore spesso proposto in passato, meno adesso. La sua ultima conferenza stampa, in selezione, risale a un buon anno ormai, quando arrivò davanti ad Austria – Belgio, a metà ottobre.

Aveva digerito il trasferimento alla Roma, ha lanciato qualche frecciata -“Ho sentito un sacco di stronzate su di me […]. Un giorno dirò la verità, anche gli altri dovranno accettarla.” – ma soprattutto ha iniziato il suo incontro con i media con questa frase, che riassume la sua influenza: “Dovevo parlare al momento giusto, è bello parlare adesso”.

Capitano in assenza di Kevin De Bruyne, non ha quindi rispettato la tradizione, che non è un obbligo, e la sfumatura è importante, durante gli incontri successivi. Un po’ come fece una volta Vincent Kompany, è lui a dettare il suo ritmo mediatico. Questo mercoledì non era ancora il momento, quindi, di parlare davanti all’accoglienza dell’Italia, per discutere del suo ritorno in nazionale e di alcuni suoi commenti, in particolare su un giovane che non ha abbastanza fame – “Non mi sento preoccupato”ha spazzato via Amadou Onana.

In un ambiente in cui la comunicazione è diventata importante quanto la prestazione sportiva, Lukaku ha creato sia aspettative che una forma di critica. Lo aspetta visto che lui è un dirigente, il leader dei Diavoli, e parla raramente per non dire nulla; critica perché, in un certo senso, fugge dalle sue responsabilità e schiva il dibattito.

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