L’allenatore dei Cheetahs, in qualche modo rinnegato dalla sua gerarchia, è profondamente messo in discussione all’alba delle nuove Olimpiadi. Non usa mezzi termini.
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Giornalista presso la sezione Sport
Di Philippe Vande WeyerPubblicato il 9/11/2024 alle 06:00
Tempo di lettura: 5 minuti
CÈ un periodo davvero insolito quello che Carole Bam sta attraversando in questo momento. A 46 anni, l’allenatore dei Cheetahs belgi, che, ricordiamo, quest’estate hanno vinto la loro prima medaglia internazionale classificandosi 3es oltre 4 x 400 m all’Euro di Roma, è un po’ a un bivio. Dopo aver visto le due migliori atlete belghe da lei allenate, Hanne Claes e Cynthia Bolingo, lasciarla, la prima ritirandosi dallo sport, la seconda decidendo di partire per allenarsi negli Stati Uniti, ha visto arrivare l’olandese Bram Peters a capo della i Tornado belgi per succedere a Jacques Borlée. Un incarico ora affiancato a quello, finora inedito, di “capo allenatore” delle staffette 4 x 400 m, una nuova “architettura” imposta dalla Lega fiamminga di atletica leggera (VAL)… con il benestare della Lega francofona (LBFA) ), che di fatto le toglie parte delle sue precedenti prerogative.
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