Fare rima tregua e pace, ritrovare un po’ di serenità, di quella calma che era stata soleggiata per tutta l’estate e che un semplice viaggio di ritorno a Londra sembra aver scosso. Poiché si dice che il sole della Costa sia rasserenante, il viaggio a Nizza, questa domenica 6 ottobre, alla vigilia della sosta per le Nazionali, deve avere queste virtù, balsamiche e curative, per non farsi riportare le stimmate d’oltreoceano. I canali si trasformano gradualmente in palline per teste e gambe.
Il Parigi, questo è il paradosso, ha perso solo una volta in questa stagione, martedì sul prato di un Arsenal più armato (2-0), ma già le scosse sembrano mettere alla prova una costruzione che vuole tuttavia essere più compatta e omogenea della precedente. uno. La squadra di Luis Enrique segna sicuramente gol come perle della Ligue 1 (20), è a capo dei migliori attacchi, è imbattuta sulla scena nazionale e condivide la poltrona di capolista del campionato con l’AS Monaco, ma gli eventi della settimana non bastano per offrire lui un totem di immunità.
Anche al momento di sfidare gli Aiglons, travolti giovedì dalla Lazio (4-1) e in preda al dubbio nonostante lo spettacolare cartellino passato al Saint-Étienne (8-0) nel loro secondo e, per ora, ultimo successo di questo inizio anno.
“Se dobbiamo cercare un colpevole, sono io”
Senza dubbio perché il nervosismo ha invitato alla festa, sia dietro le quinte che sul palco, e ha alzato il velo su colpe in cui il PSG non era più abituato a cadere. In questo ambiente, ad esempio, che è diventato così complementare che non lo credevamo più in grado di cavarsela in questo modo, anche contro avversari molto più densi. Su questo attacco che, anche senza un vero punto, era sempre riuscito a trovare la rete. E stare in guardia anche lui, che la nuova concorrenza aveva fino ad allora risparmiato da colpevoli ritardi nelle sue sortite aeree.
Un’osservazione, nel caso del portiere italiano, fin troppo individualizzata per Luis Enrique che dice di essere “abituato alla gente che se la prende con Donnarumma”. Ma che, dopo essere apparso seccato e senza parole martedì al microfono di Canal +, sabato a mezzogiorno si è ritrovato più loquace nella sua lotta per proteggere la sua squadra e unire le sue truppe.
“Credo che la colpa non sia quella di un giocatore in campo”, ha ricordato riferendosi alla battuta d’arresto di Londra. Se dobbiamo cercare un colpevole – ed è ovvio che lo cerchi – sono io, è l’allenatore. L’ho capito, non ho alcun problema. La mia carriera è piena di questo tipo di situazioni. Supererò questo problema attraverso il lavoro e la mia capacità di convincere i giocatori. »
“Penso sempre al bene della squadra”
Ousmane Dembélé farà parte di questo gruppo di persone convinte? Privato di recarsi a Londra a causa di una lacuna linguistica e di un leggero ritardo, il nazionale francese ha ripreso gli allenamenti venerdì ed è idoneo al servizio. Abbastanza per far parte del viaggio a Nizza?
“Ogni giocatore ha una serie di obblighi da rispettare nei confronti della squadra”, ha risposto il suo allenatore. Quelli che lo fanno sono lì. Se qualcuno domani non lo fa, soprattutto se commette un errore grave, prendo le decisioni necessarie perché penso sempre al bene della squadra. »
Quello di Parigi oggi è quello di tornare alla normalità, trovando la strada verso questo successo che gli permetterà di tenere la testa sulle spalle e quella del campionato.
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