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Il mulo del cimitero maledetto che infesta l’Atlante

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Nel cuore dei villaggi annidati sulle montagne dell’Atlante, gli abitanti sono stati a lungo attenti a non uscire per le strade al calar della notte. Dopo lunghe giornate trascorse ad occuparsi delle greggi, a coltivare la terra o a prendersi cura del bestiame, gli abitanti del villaggio tornano alle loro case, esausti. Al tramonto svuotano gli spazi anche per un altro motivo: la presenza di una donna, metà umana e metà djinn, o forse di più: un mostro.

Secondo la leggenda, una volta era una moglie devota, che viveva felicemente con suo marito. Ma come molte storie dell’orrore locali, il lieto fine non è durato. Invece di dispiacersi per se stessa come molte vedove, dopo aver perso il marito, trovò un amante.

Essendo stata maledetta, sarebbe stata trasformata in una bestia. Alcune tribù Amazigh dicono che divenne un mulo gigante, che vagava per i cimiteri e terrorizzava i villaggi di notte. Altri sostengono che sia diventata metà donna, metà mulo o cavalla, da qui il nome “Tagmart n Ismdal”, o anche “Taserdunt n Ismdal”. Il primo termine significa “male del cimitero” nella regione del Souss, mentre il secondo significa il mulo del cimitero.

Questa creatura quindi infestava i cimiteri apparendo di notte, per attaccare i solitari, coloro che osavano avventurarsi per le strade dopo il tramonto o coloro che sfidavano le norme sociali. La maggior parte delle vittime sarebbero uomini, secondo gli etnografi che si sono basati su varie versioni di questa storia che è un mito popolare.

“Ogni cimitero aveva una jenniya che appariva la sera, incarnata in un mulo”, scrive il sociologo finlandese Edward Westermarck nel suo libro “Ritual and Belief in Morocco”. Westermarck, che trascorse ventotto anni in Marocco dal 1898 al 1926, apprese i costumi e le superstizioni locali, inclusa questa leggenda.

Cimiteri infestati nei villaggi

Questa creatura viene vista “molto raramente”, ma molti hanno riferito di aver sentito il suo mormorio, che ricorda il grido di un normale mulo. Indossava anche un oggetto intorno al collo, producendo un suono schioccante d’argento o di ferro, riferisce Westermarck.

Spesso, coloro che avevano la sfortuna di averlo visto o sentito si sarebbero ammalati, impazziti o morti. Tra Al Hoceïma e Nador, la tribù del Rif di Aït Temsaman lo chiama “tasadunt imdran”, letteralmente “il mulo del cimitero”. A Iglwa o Glaoua, nell’Alto Atlante, si dice che se qualcuno la vede e cerca di montarla, lei lo porta al cimitero e gli scava la tomba con i piedi.

Sempre secondo la leggenda, un proprietario di pascolo vicino a un cimitero sospettava che ogni giorno un animale venisse a pascolare sull’erba. Deciso a svelare il mistero, trascorse lì la notte, vedendo avvicinarsi un mulo molto grasso. Il tentativo dell’uomo di domare la bestia sarebbe stato vano ed essa sarebbe corsa verso il cimitero, cominciando a scavare nel terreno. Dopo essere riuscito a scappare, si dice che il proprietario si sia arrampicato su un albero e sia rimasto lì fino alle preghiere del mattino, quando gli spiriti maligni scompaiono.

Westermarck sentì anche parlare di persone portate al cimitero dal mulo, ma che sopravvissero ai suoi tentativi malvagi. Ad Aglou, cittadina della regione del Souss, gli abitanti parlano piuttosto di una cavalla. Di notte lo si sentiva fare rumore con una catena di ferro nel cimitero. Ma sono solo le “persone cattive” che sentirebbero questi movimenti, che ucciderebbero alcuni per paura, osserva.

Si dice che questo jinn mulo sia familiare anche nelle città. A Fez, la jenniya è conosciuta come “Bghilt Lil” o “il piccolo mulo della notte”. Appare di sera, il suo corpo ricoperto d’oro. Se qualcuno tenta di aggredirla per rubarle gli oggetti di valore, lei lo butta a terra, a meno che non abbia con sé un libro con versetti coranici o un pugnale, cosa che la spaventa.

In altre parti del Paese si dice che “Baghlat Laqbur” (il jinn-mulo delle tombe) divori le persone e scompaia all’alba, per poi ritornare al calare della notte.

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