Il cyberbullismo è diffuso in tutto il mondo e non è una novità. Tuttavia, sembra che il problema sia aumentato, soprattutto dall’inizio della pandemia nel 2020.
In tutto il Quebec ci sono numerosi esempi di slittamento. Per quanto sorprendente possa sembrare, gli atleti sono sempre più il bersaglio… dei propri sostenitori.
Blackburn in riflessione
Lo scorso fine settimana, a Saguenay, l’allenatore del marchese de Jonquière, Bob Desjardins, ha approfittato di una conferenza stampa post partita per denunciare gli attacchi subiti dal suo portiere, l’ex uomo mascherato dei Val-d’Or Drillers, William Blackburn.
Il nativo di Hébertville nel Lac-Saint-Jean è stato attaccato dai tifosi del marchese, insoddisfatti della sua prestazione come portiere esordiente nella North American Hockey League (LNAH). “Spero che non sia tu a farlo VUOTO Questa sera!” gli ha scritto un utente. “Resta a casa!” gliene lanciò un altro.
Scoraggiato, il 21enne portiere penserebbe al suo futuro, avendo rinunciato all’hockey europeo per continuare la carriera con la squadra della sua regione natale.
L’allenatore del marchese Bob Desjardins. (Marchese di Jonquière)
“Mi addolora vedere questo, perché credo in lui”, si è lamentato Desjardins. Lo trovo davvero deplorevole. Resta un gioco hockey. Non avrei mai pensato di poter vivere una cosa del genere nella Lega Nord Americana”.
L’Océanic deve reagire
Una decina di giorni fa, nella Maritimes Quebec Junior Hockey League (QMJHL), circuito composto da giocatori dai 16 ai 20 anni, la Rimouski Océanic ha dovuto chiudere la sezione commenti della sua pagina Facebook dopo una dura sconfitta per 10 a 2 contro la Cataratta a Shawinigan.
Non per mettere la museruola ai suoi sostenitori, ma per proteggere i membri della squadra impedendo che certe persone, malintenzionate, approfittino della situazione per sfogare al vento la loro sfacciataggine.
Questi casi di cyberbullismo ricordano il triste errore ai Mondiali Juniores 2019 quando Maxime Comtois, membro della squadra canadese, sbagliò un tiro di rigore nei quarti di finale contro la Finlandia.
Il Canada aveva abbassato la bandiera e i tifosi frustrati insultarono Comtois per le sue origini del Quebec e arrivarono al punto di invitare l’attaccante 19enne ad uccidersi, cosa che all’epoca suscitò l’indignazione di tutti.
Cinque anni dopo, non siamo molto più avanti. Gli errori abbondano sul web e basta una semplice scansione dei social delle squadre in difficoltà per rintracciare commenti inappropriati, per non dire diffamatori.
Sylvain Croteau, direttore generale di Sport’Aide, organizzazione indipendente senza scopo di lucro la cui missione è garantire lo sviluppo e il mantenimento di un ambiente sano, sicuro e armonioso nello sport, conferma che la tendenza preoccupante non sembra sul punto di esaurirsi vapore.
Una “ferita” nei suoi occhi. “Non ho bisogno di ricordare lo sfogo contro Cédric Paré dei Maple Leafs dopo il colpo a Patrik Laine”, osserva Croteau. Lo sport non sfugge agli eccessi dei social network. La prima cosa è discuterne pubblicamente ed educare le persone sul modo giusto di fare le cose”.
Nell’hockey junior, gli allenatori e i direttori generali sono ben consapevoli della situazione, ma quando consultano gli avvocati su un possibile ricorso, viene loro consigliato di non fare nulla, di lasciare che la campagna di odio virtuale finisca con essa.
Tolleranza zero a Sherbrooke
Le squadre hanno adottato una “politica di tolleranza zero”. È il caso dello Sherbrooke Phoenix, i cui social media sono gestiti dalla direttrice della comunicazione e del marketing, Annie St-Amand, che ha gestito il caso di Maxime Comtois al suo ritorno a Drummondville nel 2019.
St-Amand fa parte di una squadra junior di hockey da 12 anni, di cui otto stagioni con i Voltigeurs. Per lei è un “dovere” rispettare la libertà di espressione garantendo al tempo stesso che la civiltà regni sulle piattaforme di Phoenix.
“Ognuno ha diritto alla propria opinione, ma se qualcuno attacca personalmente un giocatore o un allenatore, cancello il commento abbastanza velocemente”, spiega. A volte mi prendo anche la briga di rispondere e quando ciò accade, le persone cancellano il messaggio abbastanza velocemente, come se si rendessero conto che non aveva alcun senso.
Attenzione apprezzata nello spogliatoio del Phoenix. “Recentemente, un giocatore mi ha detto: “Quando rispondi, penso che sia fantastico!”, dice. Non importa quanto diciamo loro di non preoccuparsi, sicuramente vedono tutto.
Una situazione che mette ansia
La pesantezza dei social network in un contesto sportivo ha pesato nella decisione di Félix-Antoine Bourassa, uno dei migliori coordinatori del marketing digitale nell’hockey junior canadese, di accettare una nuova sfida negli ultimi giorni.
L’ex dipendente degli Huskies e dei Remparts parla di “situazione ansiosa” quando descrive il clima che regna sui social network, che vibrano sette giorni su sette, 24 ore su 24.
“Se vinci, tutti sono super felici, se perdi, tutti sono super infelici”, riassume Bourassa. Si riempie rapidamente di commenti pessimi per niente. Una piccola questione diventa una tempesta.”
Una spirale
Il social media manager dei Remparts ammette di essere stato travolto dalla “spirale” negativa che ha caratterizzato le reti negli ultimi anni. “Non sei contento dei due punti in classifica [après une victoire]sei sollevato perché sai che non verrai attaccato.”
“Hai paura della sconfitta perché sai che dopo non sarà così divertimento»
— Félix-Antoine Bourassa, coordinatore del marketing digitale dei Remparts
In tutti i mercati, spesso i tifosi assumono il ruolo di moderatori quando le cose sfuggono di mano, consapevoli che gli studenti-atleti hanno solo dai 16 ai 20 anni.
“Non capisco perché le persone siano così capaci di scrivere tutto ciò che pensano”, sospira Annie St-Amand. Penso che non si rendano conto di tutti gli impatti che può avere”.
Félix-Antoine Bourassa, che spesso ha dovuto cancellare commenti degradanti, vorrebbe inviare questo “messaggio” a tifosi e dirigenti.
“Dobbiamo attrezzare meglio i giocatori, perché loro non lo dicono forte e chiaro, ma guardano tutto e questo li influenza. Le persone dovrebbero pensarci due volte prima di pubblicare un commento”, conclude.