Erano poche parole tralasciate da Paula Badosa, il 14 novembre, in un’intervista ad un canale televisivo spagnolo, ma suonavano come una parola che, poco a poco, si libera su un male ricorrente. “Le regole sono un incubo per i giocatori”disse il tennista spagnolo prima della Billie Jean King Cup, che si è svolta a Malaga.
Fino ad allora, quando un atleta di alto livello vedeva la sua competitività ostacolata dalle sue regole, noi con modestia notavamo che era così “fisicamente diminuito”. Il primo a parlarne apertamente è stato il nuotatore cinese Fu Yuanhui nel 2016, dopo i Giochi Olimpici di Rio (Brasile). Da allora sono poche le campionesse che, come la ginnasta francese Coline Devillard o la sua connazionale Estelle Nze Minko, osano mettere in discussione l’influenza del ciclo mestruale sulle loro prestazioni fisiche. Le regole sono diventate un argomento fondamentale nella società, ma non ancora nello sport.
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Finora gli studi sugli effetti dei cicli mestruali sul corpo delle atlete sono rimasti troppo empirici. L’Istituto Nazionale dello Sport, della Competenza e della Performance (Insep) ha appena pubblicato un sondaggio per comprenderli meglio. “Sapevamo che il ciclo infastidiva molti atleti, ma avevamo bisogno di dati su questa prevalenza”spiega Carole Maitre, ginecologa sportiva dell’Insep.
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Senegal