Hockey: Zugo, Tangnes e una riflessione sulla nazionalità

Hockey: Zugo, Tangnes e una riflessione sulla nazionalità
Hockey: Zugo, Tangnes e una riflessione sulla nazionalità
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La memoria è selettiva. Ma proviamo comunque l’esercizio. Qual è stata la nostra/vostra reazione quando, nel 2018, l’EV Zug ha annunciato di aver reclutato Dan Tangnes come capo allenatore della sua prima squadra?

La stragrande maggioranza di noi, autori di queste righe nel gruppo di testa, aveva sicuramente detto “chi?” prima di digitare l’identità del prescelto e pensare “cosa, un norvegese?”

Questo lunedì, quando, in un altro comunicato ufficiale, EV Zug ha annunciato che Dan Tangnes avrebbe lasciato l’organizzazione al termine della stagione 2024-2025 per motivi familiari, abbiamo pensato che non sarebbe stato facile sostituire un tecnico di questo valore, che per due volte ha guidato il club della Svizzera centrale al titolo nazionale.

Chi ha creato una cultura vincente.

E che ha dato un’identità tecnica alla sua squadra.

La storia ci ricorda gli altri e scuote le nostre convinzioni così come le nostre fragilissime certezze. Quante volte il tifoso in tribuna, il curioso del Café du Commerce e lo scrivano dietro la tastiera hanno avuto la tendenza a tracciare una linea diretta tra nazionalità e prestazione prima di vedere il giocatore sui pattini?

Nel 1995, quando firmò un accordo con l’HC La Chaux-de-Fonds, ben prima di diventare il “Mr 110%” dell’HC Lugano e poi del Genève-Servette, Philippe Bozon dovette dimostrare che un francese poteva far rima con hockey. E con successo.

Nel 1998, quando il portiere Cristobal Huet firmò il contratto con il Lugano, un quotidiano di lingua tedesca scrisse che i bianconeri avevano ingaggiato un clown. Sette anni dopo, il francese ha difeso la rete del Montreal nella NHL; Dodici anni dopo, sollevò la Stanley Cup con il Chicago.

In generale, lo scetticismo non è stato minore quando i club svizzeri hanno affidato il proprio destino a un danese o hanno ingaggiato un difensore bielorusso o un’ala lettone.

Ma tranquillizziamoci. Quando un club canadese o americano guarda uno svizzero, suscita anche espressioni dubbiose. O, nella migliore delle ipotesi, una confusione con uno svedese.

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