Lasciamoli soli. Diamo loro la possibilità. Lasciali andare, finalmente. 35 anni fa, di fronte all’incognita dell’avventura, all’incertezza della sfida, alla paura di non rivederli, sentivamo segretamente il desiderio di trattenerli.
Nove edizioni dopo, bisogna riconoscere che questi sentimenti angoscianti, anche se fortunatamente non sono scomparsi, si sono attenuati. 115 velisti hanno già iniziato la Vendée Globe almeno una volta e 84 di loro l’hanno completata almeno una volta.
Questo è molto inferiore al numero di alpinisti che hanno scalato l’Everest (600). Ma questo non dice nulla di molto eloquente sulla difficoltà delle due avventure.
Saranno 40, tra cui quindici novellini, a salpare questa mattina dai pontoni di Port-Olona, a Les Sables d’Olonne. Proveranno la stessa apprensione, la stessa eccitazione, forse la stessa angoscia, o la stessa eccitazione dei 13 pionieri che, il 26 novembre 1989, discesero il canale delle Sables-d’Olonne per partire alla conquista del globo? Nel profondo del loro cuore, sicuramente.
Lasceranno trasparire la stessa emozione tanto attesa, e ora sceneggiato
con grande clamore per renderlo un momento iconico
(dice l’organizzatore), adatto a soddisfare il nostro istinto voyeuristico? Probabilmente. Anche se molti, ormai formattati come campioni di altissimo livello, hanno imparato a contenerlo, controllarlo e domarlo affinché non li divori troppo, quando è il momento di passare alla modalità competizione.
Un sentiero segnalato e recintato
In 10 edizioni alla fine non è cambiato nulla, anche se ovviamente è cambiato tutto. Il Vendée Globe resta un giro della terra attraverso il Mar Glaciale Artico, da percorrere in solitaria su una barca, la cui lunghezza massima…