l’essenziale
Professore emerito di sociologia all’Università Jean-Jaurès di Tolosa, specialista in alimentazione, Jean-Pierre Poulain ha appena pubblicato il Dizionario delle culture alimentari (ed. PUF). Fornisce la sua analisi sullo sviluppo dei corsi di cucina.
Come spieghi il successo dei corsi di cucina?
Direi che c’è un cambiamento nello statuto della cucina. Quest’ultimo ha diverse funzioni. Innanzitutto, una funzione quotidiana piuttosto restrittiva. Quindi, una funzione oblativa, nel senso che cucinando doni parte del tuo sapere, del tuo affetto… Questa funzione tende a rinnovarsi. È la cucina della mamma che piace alla sua famiglia, di chi si cimenta ai fornelli ed è felice di ricevere gli amici. La terza funzione è una funzione di autoespressione. Quest’ultimo è cresciuto e si è espanso. Oggi, con lo spettacolo “Una cena quasi perfetta”, notiamo una profonda trasformazione. dalla cucina. Ora uomini e donne possono esprimersi lì. C’è una degenderizzazione. Questo fenomeno è relativamente nuovo, su una scala di circa vent’anni.
Quali modelli esistevano fino ad allora?
In Francia, dal punto di vista della restaurazione, esistevano fino ad allora due modalità di trasmissione piuttosto intimidatorie: da parte di madri (madre Brazier, le madri di Lione o anche Maïté che ci ha appena lasciato) di una certa età, dotate di competenze tramandate di generazione in generazione e da grandi chef. Di fronte a questi modelli il cuoco medio potrebbe intimidirsi. Inoltre, ci trovavamo in un ambiente veramente di genere: a casa, cucinare è una questione di donne, mentre tra i professionisti è una questione di uomini.
Cosa è successo da allora?
Siamo meno intimiditi dalla cucina. Le trasmissioni televisive hanno contribuito a questo, anche se la Francia è rimasta indietro per molto tempo in fatto di cucina all’uncinetto perché si pensava che non avrebbe funzionato a causa di questa modalità di trasmissione. Cyril Lignac ha contribuito a cambiare le cose su M6 con “Oui chef”. Poi ci sarà il suicidio di Bernard Loiseau e la crisi che questo generò nel mondo della critica gastronomica. Questi due elementi contribuiranno al lancio di programmi televisivi a causa dell’indebolimento del modello top-down. A ciò si aggiunge l’ingresso della cucina nell’ordine del tempo libero.
In Francia è un luogo speciale legato all’importanza che diamo alla gastronomia?
Senza dubbio, ma è così anche in Cina, in Giappone… Questa non è una grande particolarità francese. Direi addirittura che questa particolarità è stata un ostacolo. Ma c’era un fenomeno di demistificazione. Lo spostamento della gastronomia nel regno del tempo libero ha fatto da contrappunto alla dimensione restrittiva e routinaria della cucina.
Oggi la cucina gioca un ruolo più importante nelle attività del tempo libero dei francesi?
Sì, nel senso, ripeto, è degenerato, è più espressivo, più artistico. I corsi di cucina sembrano quindi dei modi per prepararsi al meglio, dotarsi di un certo numero di tecniche e riuscire quindi a realizzare le proprie ambizioni.
Questo risponde anche al desiderio di mangiare meglio?
Non è impossibile. Cucinare bene significa applicare un certo numero di regole nutrizionali, significa saper coniugare il gusto con il cibo buono e sano.
Francia
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