Il COVID lungo, noto anche come sindrome post-COVID, provoca una gamma molto ampia di sintomi. Qui la malattia è stata definita come una diagnosi che non può essere esclusiva di un’altra infezione: questo significa, in sintesi, che la diagnosi non può essere registrata come quella di un’altra patologia unica nella cartella clinica del paziente, se comprende ovviamente i sintomi del COVID, e che deve hanno persistito per 2 mesi o più in una finestra di follow-up di 12 mesi.
Il team di Boston sfrutta quindi l’intelligenza artificiale per identificare i segni di COVID lungo che non sono visibili tramite marcatori standard, monitorare il modo in cui i diversi sintomi si sviluppano nel tempo ed escludere spiegazioni alternative “false” ai sintomi dei pazienti.
Il 23% della popolazione potrebbe avere sintomi di COVID lungo
Il nuovo strumento risulta proprio in una prevalenza del 22,8%una cifra che potrebbe corrispondere a un bilancio più realistico a lungo termine della pandemia, scrivono i ricercatori. L’algoritmo utilizzato è stato sviluppato estraendo dati anonimi dalle cartelle cliniche di quasi 300.000 pazienti seguiti in 14 ospedali e 20 centri sanitari comunitari nel sistema Mass General Brigham. Il team utilizza un nuovo metodo di intelligenza artificiale sviluppato per questo strumento e denominato “fenotipizzazione di precisione” : La tecnica prevede lo screening di dati individuali per identificare condizioni e sintomi già noti per essere correlati a COVID-19 e per monitorare questi sintomi nel tempo per differenziarli da quelli di altre malattie.
Lo strumento di intelligenza artificiale è infatti in grado di analizzare la storia di ciascun paziente nel tempo e fornire un approccio personalizzato alla cura e, in ultima analisi, ridurre, questa volta a livello di popolazione, le disuguaglianze osservate nelle attuali diagnosi e trattamenti del COVID lungo. In pratica, lo strumento passa al setaccio le cartelle cliniche elettroniche per identificare con maggiore precisione i casi di COVID lungo analizzando la complessa litania di sintomi persistenti e spesso comuni ad altre condizioni, tra cui affaticamento, tosse cronica e confusione mentale.
- Ad esempio, l’algoritmo può rilevare se la mancanza di respiro è il risultato di condizioni preesistenti come insufficienza cardiaca, asma o COVID lungo. È solo quando tutte le altre possibilità sono state esaurite che lo strumento conclude con la diagnosi di COVID lungo.
Questo protocollo di analisi non solo si conclude con una prevalenza molto più elevata,
quasi un quarto della popolazione
ma lo consentiràidentificare più pazienti che dovrebbero ricevere cure per questa malattia debilitante. In effetti, lo strumento era circa il 3% più accurato di quanto catturato dai codici ICD-10, con una distorsione inferiore. La sua portata più ampia garantisce che le comunità emarginate, spesso escluse dagli studi clinici o con minore accesso alle cure, possano essere diagnosticate e trattate.
“Il nostro strumento di intelligenza artificiale trasformerà un processo diagnostico confuso in qualcosa di preciso e mirato, offrendo ai medici la capacità di dare un senso a una malattia complessa”, spiega l’autore principale Hossein Estiri, ricercatore di intelligenza artificiale presso il Center for AI and Biomedical Informatics of the Learning Healthcare System (CAIBILS) dell’MGB e professore di Harvard: “Con questo strumento, potremmo finalmente essere in grado di vedere il COVID lungo per quello che realmente è”.
“I medici si districano in un groviglio di sintomi e storie mediche, non sapendo quali fili tirare, mentre si destreggiano con un carico di lavoro elevato. Avere uno strumento basato sull’intelligenza artificiale in grado di farlo metodicamente potrebbe essere un punto di svolta”.
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