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È meglio essere figli unici?

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È meglio essere figli unici? Da bambino non sapevo davvero rispondere a questa domanda, ma mi interessa di più come padre di figlio unico.

E il minimo che possiamo dire è che questa non è proprio la direzione raccomandata dalla società! Non sto dicendo che non abbiamo scelta, eh. Ovviamente, puoi avere quanti figli vuoi, purché siano più di uno e meno di tre.

E già che ci siamo, un ragazzo e una ragazza, a tre anni di distanza. Questo è ciò che consigliava Françoise Dolto, per la quale la famiglia ideale potrebbe avere fino a tre figli!

E tutti i giovani genitori possono testimoniare di aver sentito, un giorno o l’altro, questa frase, appena il loro primogenito ha cominciato a camminare: “allora, quando nascerà il secondo?” No, perché se aspetti troppo, avranno troppa distanza e non potranno giocare insieme! »

È molto semplice, il figlio unico soffre di pregiudizi tanto numerosi quanto tenaci. Sarebbe egoista, antisociale, tirannico e solitario. Sarebbe troppo meditabondo e incapace di legare con gli altri.

Ciò che la stessa Françoise Dolto ha riassunto in questi termini: “ Quando crescono, i bambini unici sono iperverbali e iposensoriali; per loro la pubertà non è possibile. A 15 o 16 anni sono soggetti d’élite dal punto di vista accademico ma esseri senza valore dal punto di vista degli scambi umani. » Ecco, spero che non ci siano solo bambini ad ascoltarci, altrimenti ciao da Dolto!

Cosa dice la scienza a riguardo?

Negli ultimi anni si è teso a minimizzare i pregiudizi. Un recente studio effettuato presso l’University College di Londra ha dimostrato che i bambini unici non hanno meno abilità sociali, precisando: sono “paragonabili in termini di personalità, rapporto con i genitori, successo, motivazione e adattamento personale ai bambini che hanno fratelli e sorelle. » Siamo a buon punto!

In realtà lo ripetiamo ogni settimana, di rubrica in rubrica, L’infanzia è troppo complessa per accettare generalizzazioni. Per parodiare Renoir, ciò che è terribile su questa Terra è che ognuno ha la propria educazione. E sarebbe inutile paragonare a priori la situazione del figlio unico i cui genitori sono sempre assenti, della coppia di due sorelle con un rapporto tossico o delle infinite declinazioni delle grandi famiglie miste.

Resta una differenza fondamentale, per il 20% dei figli unici: è la solitudine di fronte alla coppia genitoriale, indipendentemente dal numero di amici che può avere altrove.

D’altra parte, questa assenza di rivalità per l’attenzione dei genitori può senza dubbio essere positiva per costruire la propria identità e rafforzare la propria fiducia in se stessi.

Ma d’altra parte, può voltarsi quando, nell’adolescenza, non è tanto questione di essere vista dai suoi genitori quanto di essere da loro dimenticata.

E quando, da adulti, i genitori anziani diventano una fonte di preoccupazione, un peso mentale e fisico, potrebbe essere rassicurante sapere che non siamo i soli a portarlo.

Non sto dicendo che le cose vadano sempre bene con i fratelli in questi momenti, ovviamente. Ma nella migliore delle ipotesi, la rivalità può poi trasformarsi in solidarietà, in un ritrovato cameratismo. Senza la necessità, come cantava Maxime Le Forestier, quando tutto ti abbandona, di creare una famiglia.

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