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“Non bisogna prenderla alla leggera”: aumento del rischio di diabete nei bambini dopo l’infezione da covid

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UUno studio americano evidenzia un aumento del rischio di diabete nei bambini e negli adolescenti dopo l’infezione da coronavirus. Nei bambini ricoverati in ospedale il rischio è tre volte superiore rispetto a quelli ricoverati per un’altra infezione. “Ciò dimostra ancora una volta che non dovremmo prendere il covid alla leggera”, afferma il virologo Marc Van Ranst.

Una ricerca recente, pubblicata sulla rivista Rete JAMA apertarivela che i bambini di età compresa tra 10 e 19 anni corrono un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 dopo l’infezione da covid. “Ciò è notevole perché il tipo 2 è raro nei bambini. Il collegamento era già stato stabilito negli adulti, ma non su scala così ampia, e ancor meno nei bambini”, aggiunge Van Ranst.

Lo studio ha analizzato i dati di oltre 300.000 bambini negli Stati Uniti, infetti tra il 2020 e il 2022, e li ha confrontati con le informazioni di un altro gruppo di 300.000 bambini con un’altra infezione respiratoria, come l’influenza.

I risultati mostrano che i bambini hanno il 55% in più di probabilità di sviluppare il diabete nei sei mesi successivi a un’infezione da covid rispetto a quelli che hanno contratto un’altra infezione respiratoria. Il rischio è due volte più elevato nei bambini in sovrappeso e addirittura tre volte superiore in quelli ricoverati in ospedale. “Ciò dimostra ancora una volta che non dobbiamo sottovalutare il covid”, afferma Van Ranst.

Nel diabete di tipo 2, chiamato anche diabete dell’adulto, l’organismo non riesce ad assorbire adeguatamente il glucosio (zucchero) nel sangue perché le cellule diventano meno sensibili all’insulina, l’ormone che consente al glucosio di passare dal sangue alle cellule. Ciò può portare a seri problemi di salute, come malattie cardiovascolari e problemi renali.

Non è ancora chiaro esattamente come il coronavirus aumenti il ​​rischio di diabete. “Sono necessarie ulteriori ricerche per capirlo. Esistono anche altri studi che suggeriscono un effetto negativo delle ripetute infezioni da coronavirus sulla memoria. Anche questo richiede ulteriori indagini”, conclude Van Ranst.

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