l’essenziale
Durante l’occupazione, molti prodotti vennero razionati. In occasione delle Giornate del Patrimonio, il Deportation Museum ha mostrato come si svolgeva la vita quotidiana in tempo di guerra.
Il patrimonio non riguarda solo gli edifici, anche se sono molto belli. Il patrimonio è anche memoria, e il Museo della Deportazione non ha mancato di offrire, oltre alla sua mostra permanente (e a una mostra temporanea molto interessante su “Omosessualità e Deportazione”), un’evocazione della vita quotidiana in tempo di guerra. E come sempre, la prima preoccupazione è il cibo, alcuni prodotti non sono più accessibili, la maggior parte è razionata. “C’erano tessere annonarie differenziate in base all’età e al sesso, un bambino aveva diritto a 100 g di pane al giorno, un lavoratore forzato a 250 g”, rivela Camille, la direttrice del museo, di fronte a un pubblico affascinato. “Dovevamo essere creativi e usare il buon senso”. Capire, sostituire i prodotti di uso quotidiano con dei surrogati. Così, lo zucchero ha ceduto il posto alla saccarina, i cavoli e le patate sono stati compensati da rape o topinambur.
La “Guerra” del Pane
E ciò che mancava di più era il pane. Era razionato, quando c’era, e anche allora era pane nero, fatto di grano saraceno o di mais. Due farine che servivano anche per fare i “pasticcini”, fatti per l’occasione “come ai vecchi tempi”, dalla cucina centrale, il tartufo di grano saraceno, che sembra cioccolato, ma senza sapore, pastet… Non disgustoso, un po’ saziante, ma quando lo mangi tutti i giorni, alla fine… La carne? È anche rara, ed è l’evoluzione del famoso brodo di Kub… E inevitabilmente, la dieta è carente. “Si stima che per un adulto siano necessarie 2.400 calorie al giorno, le tessere annonarie emesse dal governo di Vichy arrivavano a malapena a 1.300 calorie”. E ancora, quando i prodotti erano disponibili…
Abbiamo quindi dovuto essere creativi, ricorrendo a ricette dimenticate che si possono trovare nei libri di cucina pubblicati da Sylvie Campech.
La musica, nonostante tutto
E poi, in tempo di guerra, abbiamo bisogno di “evadere” di tanto in tanto, e sebbene proibiti, i balli musette si tenevano ancora, discretamente, nei fienili di campagna o nei cortili cittadini. Per evocare questi momenti senza tempo, fu l’Accordion Club di Lourdes a offrirsi di eseguire qualche valzer e altri paso. Perché la musica lenisce l’anima, e nei tempi di guerra, ne abbiamo davvero bisogno…
Related News :