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Editoriale di venerdì: non toccare la Haka!

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Un'idea divertente, che due settimane fa ha attraversato la mente spesso ridente di Joe Marler, un pilastro inglese con cresta e piume, le sue parole spesso altisonanti e le sue battute non sempre di buon gusto. Tra due smorfie e una risata, il ragazzo da 95 presenze con la Rosa ha quindi lanciato questo, sui suoi social network, dove le sue dita spesso vanno più veloci del suo buon senso: “la Haka deve essere cancellata, è ridicola”. Gli piace?

Non sappiamo davvero se Marler fosse serio, o se si fosse semplicemente fatto una bella risata lanciando un osso al branco desideroso di combattere, su dette reti. Ha invocato la seconda opzione, pochi minuti dopo, e “il desiderio di suscitare interesse prima di una grande partita di rugby”, quando torrenti di insulti hanno inondato i suoi account. Troppo tardi: dalla scintilla è nato un incendio, dove il ministro dello Sport neozelandese si è permesso addirittura di rispondere alla provocazione con l'invettiva: “Ho incontrato alcuni pilastri con un quoziente intellettivo alto, ma pochissimi. Forse è questo il tema…” . Quindi immagina.

Lungi dal dare un simile giudizio di valore intellettuale sulle ceneri di una semplice parola, buona o cattiva, abbiamo quindi guardato il problema al contrario. Poniamoci la domanda per due minuti: è opportuno abolire la Haka, o meglio, dare alle nazioni del Pacifico il diritto di praticare questo rito, prima delle partite internazionali di rugby?

È una questione di equità che ci impegna qui. Quella di un diritto unilaterale, che spesso i neozelandesi hanno saputo sfruttare a proprio vantaggio. Parliamo di psicologia, di questo momento che appartiene a loro e riduce l'avversario al rango di spettatore, immobile e quasi vittima, pochi secondi prima dell'inizio dello stallo.

Ci abbiamo pensato, sì, all'idea che gli All Blacks usino la Haka per marcare la psiche dell'avversario prima ancora che la partita inizi, e che alla fine questo ha preso una piega piuttosto ingiusta. Ci abbiamo pensato e alla fine ci siamo detti che era davvero stupido. Perché non si va al rugby solo per vedere trenta corpi scontrarsi, ammirare qualche bel passaggio e, in una giornata fortunata, applaudire una ripartenza dal fondo della porta del trio Ntamack-Jaminet-Dupont. Veniamo tanto per tutto quello che c'è intorno, il folklore, la fraternità, la cultura.

Anche sceneggiata e “commercializzata”, la Haka non resta forse lo standard più bello di tutto questo? Questo sabato sera allo Stade de , francesi e neozelandesi si lanceranno anima e corpo in una battaglia feroce, che speriamo sia anche bella. Ma non è tutto: in giro, qualche centinaio di ragazzi, se hanno visto la partita, avranno soprattutto ammirato con gli occhi una Haka per la prima volta nella loro vita. Questo è ciò che conserveranno, soprattutto, come ricordo prezioso di questa partita. Questa è la parte del sogno. Questo è ciò che non devi assolutamente toccare.

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