L’OPINIONE DEL “MONDO” – DA VEDERE
Un bel ragazzo, Edouard Veniaminovitch Savenko, alias Edouard Limonov, nato il 22 febbraio 1943 in Unione Sovietica, morto il 17 marzo 2020 in Russia, figlio di un ufficiale dell'NKVD, e cresciuto in Ucraina. Tra queste due date, un destino colorato che vaga tra New York e Parigi, prima di un fragoroso ritorno a casa. Era un delinquente, un poeta, un romanziere, un maggiordomo, un vagabondo, un mercenario, un attivista rosso-marrone. L'uomo, che sogna una vita simile all'alcol forte e che lo brucia quanto le sue forze glielo permettono, descrive se stesso in questa ricerca di avventura e nel suo odio per la mediocrità del mondo, attraverso i libri. Lo scrittore francese Emmanuel Carrère lo immortala in una biografia romantica, ambivalente quanto si può desiderare, che non potrebbe intitolarsi se non Limonov (edizioni POL, 2011).
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È da questo che il regista russo Kirill Serebrennikov, recentemente in esilio, trae ispirazione per tentare un ritratto commovente. Come Carrère – che ha anche lui un piccolo ruolo nel film – ciò che affascina il regista è il «russitudine»propriamente dostoievskiano, di Limonov. La sua fede ardente nella creazione, la sua inclinazione alla ribellione, il suo odio per il benpensare, il suo caos interiore, il suo nichilismo, il suo gusto per la provocazione e l'imprecazione, la sua disposizione tanto all'ignominia quanto alla distruzione. Evocare Limonov a partire da questo libro significa ammettere di essere meno interessati alla biografia vera e propria di un personaggio comunque inafferrabile, che al fascino che suscita questo suo essere di rifiuto e di scandalo, non privo di talento letterario.
Entrare nell'arena politica
Ecco allora questo suggestivo ritratto diffratto, orlato plasticamente, schiaffeggiato fuori campo dagli anatemi lanciati in faccia al mondo dal suo eroe nei suoi libri, che questo grande stilista ci propone (vedi Leto, 2018; La febbre di Petrov2021 ; La moglie di Čajkovskij2022) che resta contro ogni previsione Serebrennikov. Ritratto di un dandy punk – perdutamente innamorato di un modello dalla bellezza ieratica, Elena, che finisce per sacrificarlo alla sua carriera – e che trascina la sua rabbia e la sua febbre dal sottobosco di New York, dove vive per un po' senza un soldo, facendo l'amore con i vagabondi, fino agli ambienti intellettuali parigini, dove diventa un prototipo dell'alleanza tra comunismo e fascismo.
Finì per gettarsi nell'arena politica creando, nel 1993, con il filosofo Alexander Dugin, il Partito nazional-bolscevico ultranazionalista, sulla scena del suo nuovo paese, dove Putin, che tuttavia si preparava ad unirsi a lui nel suo estremismo, fu imprigionato lui nel 2007. A questo proposito, Limonov cristallizza, in questo senso davvero visionario, un'ebbrezza di potere e violenza che quella attuale deriva Il potere imperiale e guerrafondaio russo fu raggiunto.
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