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Sir Ranieri e il nuovo esordio contro l’Atalanta

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uella stagione la Roma l’aveva cominciata proprio contro l’Atalanta. Il 27 agosto 1972, Coppa Italia all’Olimpico, prima partita del gruppo 6: di fronte le due squadre della massima serie, le altre sono Reggina, Mantova e Como che faranno un torneo a parte. Sulla panchina dei giallorossi c’è nientemeno che HH, al secolo Helenio Herrera alla sua ultima stagione nella capitale, su quella nerazzurra l’enfant du pays Giulio Corsini che a Roma ci andrà ma sulla sponda laziale nel disastroso campionato 1975-76. Finisce 0-0 e si rivelerà un risultato chiave per la qualificazione visto che le due squadre arrivano a pari punti: la spunta l’Atalanta per la migliore differenza reti frutto del 5-0 dell’ultima giornata in casa contro la Reggina. Sarà la sola soddisfazione di una stagione che si conclude con la celeberrima “retrocessione impossibile”, quella dell’autorete di Vianello all’ultima in casa con il Lanerossi Vicenza, dei 5 punti di vantaggio bruciati nelle tre ultime partite e di una serie B sancita da un solo goal di distanza dai veneti. Chi di differenza reti ferisce poi perisce, insomma, anche se nel computo finale si rivelerà davvero decisivo il catastrofico 9-3 a San Siro contro il Milan. Anche la Roma chiude il campionato a 24 punti come Vicenza, Sampdoria e Atalanta, ma con molto meno affanno: all’ultima cade in casa contro la Juve che festeggia così il suo scudetto numero 15 frutto soprattutto dell’harakiri del Milan in quel di Verona e della contemporanea sconfitta della Lazio a Napoli. Nelle file giallorosse da qualche settimana c’è un ventenne che arriva dalla Primavera, voluto espressamente da HH: si chiama Claudio Ranieri, è il figlio di un macellaio del Testaccio e per questo si porta dietro il soprannome di “Er fettina”. Ha cominciato a giocare a calcio a San Saba, dove abita con la famiglia, poi viene adocchiato da un club di Casal Bertone affiliato alla Roma dall’inequivocabile nome di “Dodicesimo giallorosso” e infine passa alla primavera della squadra capitolina dove mister Antonio Trebiciani lo sposta dall’attacco alla difesa, intravedendo in lui doti da difensore. Si mormora che non fosse bravissimo con i piedi, da qui l’altro nomignolo di “Er pecione”.


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