DayFR Italian

ulteriore prova della perdita di influenza della Francia in Africa

-

Si tratta di due Paesi e due scenari molto diversi, ma colpisce la concomitanza degli annunci, così come i termini utilizzati, che insistono su una sovranità da difendere di fronte alla presenza considerata invasiva della Francia. Sia il Ciad che il Senegal prendono oggi le distanze da Parigi, annunciando, giovedì 28 novembre, a poche ore di distanza, il loro desiderio di vedere le truppe francesi lasciare il loro Paese.

L'annuncio delle autorità ciadiane è di gran lunga il più significativo e il più difficile da accogliere per la diplomazia francese. Mentre il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot lasciava il Paese, il governo ciadiano pubblicava un conciso comunicato stampa in cui annunciava la fine degli accordi di cooperazione con la Francia.

La Francia deve considerare che il Ciad è cresciuto […] e che è uno Stato molto geloso della propria sovranità” aveva attaccato N'Djamena poco prima, a seguito di un colloquio tra Jean-Noël Barrot e il presidente Mahamat Idriss Déby Itno, insediato alla guida del paese dalla morte di suo padre tre anni fa. Il ministro degli Affari esteri ciadiano ha fatto sia chiaro che non deve essere visto come un “rottura“, la Francia è spodestata da un regime che ha a lungo e ampiamente sostenuto. Soprattutto, perde il suo ultimo punto di ancoraggio nel Sahel, dove contava ancora mille uomini. La data della loro partenza non è stata precisata, e la radio Il silenzio delle autorità francesi in reazione a questo annuncio la dice lunga sul loro imbarazzo, o sulla loro amarezza, nei confronti del potere ciadiano.

Un po' prima, la sera di giovedì 28 novembre, il presidente senegalese aveva annunciato la partenza delle truppe francesi. Una presenza di 350 soldati che la Francia aveva previsto di ridurre, ma Bassirou Diomaye Faye ha preso l'iniziativa, in linea con la politica di indipendenza e di rafforzamento della sovranità del suo Paese, di cui ha fatto una priorità sin dalla sua elezione nel maggio 2024.

La sovranità non consente la presenza di basi militari” ha detto per segnare la pausa, e “le autorità francesi devono prendere in considerazione la possibilità di un partenariato privato di questa presenza” continua, riferendosi ai partenariati sviluppati con altri paesi come la Cina che non dispongono di forze militari sul suo territorio.

Questi due annunci fanno parte della continuità di una profonda messa in discussione della presenza francese in Africa occidentale, dove il suo passato coloniale incoraggia le nuove potenze, militari o democratiche, a condividere l’idea da una pagina all’altra. Già cacciata da Mali, Niger e Burkina Faso dalle giunte al potere, la Francia vede la sua presenza militare ridotta al minimo indispensabile, in una regione dove ha mobilitato migliaia di uomini per contrastare la minaccia jihadista.

Parigi deve fare i conti con un’immagine danneggiata, alimentata da una parte di disinformazione che invade i social network, e con una nuova concorrenza. Se non c’è alcuna anomalia nel vedere la Francia costretta a ripensare la propria presenza, a più di 60 anni dall’inizio della decolonizzazione, e senza aver essa stessa chiaramente avviato questo processo, questa rottura storica si realizza anche sotto il peso di una grande offensiva, dalla Russia e dalla Cina in particolare, che hanno fatto della regione una zona d’influenza prioritaria.

Related News :