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Chi è Martin Ajdari, il candidato dell'Eliseo alla presidenza di Arcom?

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Ajdari è la calma dietro le tempeste. Un uomo di file, con una voce rara ma uno sguardo tagliente. E se scaviamo sotto la superficie, questo nome è diventato essenziale negli arcani culturali e mediatici e racconta molto dell’evoluzione di un paesaggio che ha, casualmente, contribuito a modellare.

Il funzionario pubblico, lo stratega, il discreto

Per capire Martin Ajdari bisogna prima sbrogliare il filo di un viaggio dove tutto sembra essere stato calcolato, ma dove la passione non è mai lontana. Responsabile della promozione “Libertà-Uguaglianza-Fraternità”, quella di alcune star della politica attuale, avrebbe potuto scegliere la strada classica dei ministeri o delle grandi aziende pubbliche. Ma Ajdari ha sempre preferito gli ambiti culturali, dove poteva coniugare rigore e creatività.

Dopo essere passato per il Consiglio di Stato, si allontanò rapidamente per unirsi all'Opera di Parigi, bastione dell'elitarismo artistico dove perfezionò la sua arte di destreggiarsi tra esigenze di bilancio e ambizioni artistiche. Un equilibrio sottile, ma soprattutto un terreno di apprendimento fondamentale per chi, qualche anno dopo, entrerà nelle alte sfere del Ministero della Cultura.

Ma non è tutto: Ajdari ha un piede anche nel mondo dell'audiovisivo. Vicedirettore generale di Télévisions dal 2013 al 2015, ha visto da vicino le trasformazioni di un settore scosso dall'ascesa delle piattaforme digitali e dalle aspettative contraddittorie di un pubblico sempre più esigente. Anche in questo caso opta per il metodo Ajdari: ascoltare, analizzare, agire nell'ombra.

Arcom, una sfida su misura

Proporre Martin Ajdari alla presidenza di Arcom manda un segnale forte. Non è tanto una scelta di rottura quanto una scelta di continuità intelligente. Perché Arcom, nata nel 2022 dalla fusione tra CSA e Hadopi, non manca di sfide. Regolamentare i contenuti digitali, preservare la diversità culturale nel settore audiovisivo, lottare contro la disinformazione o addirittura monitorare le principali piattaforme digitali internazionali: l’elenco è lungo e complesso.

Ajdari, un fine conoscitore dei meccanismi istituzionali e delle sottigliezze legali, sembra tagliato per l’esercizio. Laddove altri avrebbero potuto cercare di imporre la propria visione con un grande sproloquio, lui fa affidamento sulla sua capacità di costruire un solido consenso. Un metodo che, se non fa notizia, ha il merito di durare nel tempo.

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