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“La forza di una democrazia si misura dalla sua capacità di far rispettare i propri principi”

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“Pena di morte politica”. Così Marine Le Pen ha qualificato le richieste a suo carico per una condanna a cinque anni di reclusione, di cui due anni di braccialetto elettronico, 300.000 euro di multa e cinque anni di ineleggibilità con esecuzione provvisoria. Ricordiamo che MMe Le Pen è presunta innocente in questa vicenda degli assistenti parlamentari europei del Fronte Nazionale (oggi Raggruppamento Nazionale, RN), per la quale venticinque persone compaiono per appropriazione indebita di fondi pubblici.

All'uscita dell'aula si è aperta un'altra scena, politica e mediatica. Il privilegio dei funzionari eletti è quello di potersi permettere una piattaforma la cui grandezza è misurata dalla loro notorietà e dipende dal loro desiderio di scrivere la storia degli eventi a proprio vantaggio.

Alle argomentazioni nel merito, Marine Le Pen e i suoi alleati hanno preferito screditare l’autorità giudiziaria, denunciando un attacco alla democrazia, alla giustizia politica, ai magistrati a volte agli ordini, a volte di sinistra.

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Certamente siamo abituati a funzionari eletti di tutte le parti, quando sono coinvolti in disordini legali, impegnati in tale retorica. Ma il deterioramento della qualità del dibattito pubblico ha raggiunto uno stadio senza precedenti.

In primo luogo, lo hanno affermato i leader politici che non sono gli alleati dichiarati della RN“Sarebbe profondamente scioccante se Marine Le Pen fosse ritenuta non idonea”. Non c’è dubbio che le forze politiche si scontrano nell’arena politica. Ma con queste parole si mette in discussione il principio stesso di uguaglianza di tutti davanti alla legge. Perché in questo processo si tratta della violazione della legge penale e nient'altro. Oltre a minare la separazione dei poteri, tali commenti contribuiscono ad alimentare la sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni della Repubblica, così come di quelle che dovrebbero servire l'interesse generale.

Rischio di reiterazione

Secondo indicatore, queste reazioni portano con sé contraddizioni interne disinibite in cui ogni logica è persa. Non importa che sia incompatibile sia rimproverare ai magistrati di essere la “bocca della legge”, quella stessa che impone, salvo apposita motivazione, l’ulteriore pena di ineleggibilità, sia denunciare un “giudice di governo”. Che importa poi che queste affermazioni siano in contrasto con un programma politico che sostiene il minimo delle pene, che va contro il principio dell'individualizzazione delle pene e soprattutto della loro esecuzione immediata?

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