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cosa blocca il gioco offensivo dei Blues?

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IOCi sono i numeri, freddi e indiscutibili, del finale di Francia-Israele di giovedì sera (0-0): 70% di possesso palla, 24 tiri di cui 8 in porta, e un totale di 2,2 gol attesi, questi “gol attesi” che riflettere le opportunità. E poi c'è l'analisi complessiva, visiva, questo ricordo già doloroso di una delle peggiori partite degli azzurri da molto tempo, in ogni caso la più noiosa. I circa 16.000 spettatori (ufficialmente) accorsi a sfidare il freddo allo Stade de si sono gravemente offesi.

Nessun gol segnato contro l'81esima nazione del mondo, nonostante fosse già stata eliminata dalla corsa alla qualificazione ai quarti e rimasta su quattro sconfitte e 13 gol subiti: questo il bilancio di questa triste serata, che il vicepresidente -i campioni del mondo in carica almeno hanno avuto il buon gusto di non perdere. Quattro partite senza scuotere la rete avversaria nello stesso anno non accadevano dal 2013, un'altra epoca, quando Didier Deschamps era un giovane allenatore.

Miseria

Questo dato riflette uno dei mali francesi del momento, già osservato durante un Europeo finito in semifinale ma francamente doloroso. Le copie realizzate sempre più spesso rasentano l'indigenza sul piano offensivo, e sarebbe troppo facile rifugiarsi dietro la sfortuna, un portiere avversario in buona forma o un'opposizione che sa quasi difendere in un muro basso e serrato.

Giovedì sera Deschamps non ha osato avventurarsi in questa zona. Ha ammesso di aver “scosso” i suoi giocatori nell'intervallo, dopo 45 minuti senza intensità né velocità, ripetuti tocchi di palla prima di ogni passaggio, trasmissioni inutili e ripetitive. Ovviamente, tutto questo avrebbe potuto essere facilmente spazzato via se Bradley Barcola, Warren Zaire-Emery o Christopher Nkunku avessero convertito le loro enormi occasioni.

Questa mancanza di efficienza non è una novità di quest’anno. Al di là dei cali di forma e delle assenze (permanenti o meno) di Kylian Mbappé, Antoine Griezmann e Olivier Giroud, ciascuno per motivi diversi, c'è la constatazione che la Francia non ha più un offensivo capace di cambiare il corso di una partita tutto solo, come l'Inghilterra (Bellingham, Palmer), la Spagna (Yamal, Morata) o l'Italia (Retegui, Kean), in programma domenica sera a Milano.

Vassoio generazionale

Kingsley Coman è spesso infortunato, Ousmane Dembélé irregolare. In prima linea, dove Mbappé vuole giocare senza accettare i vincoli del ruolo, sembra molto difficile puntare tutto su Randal Kolo-Muani, certamente sei volte marcatore nel 2024 ma limitato a questo livello, o su Marcus Thuram, doppietta in 28 selezioni senza giocare quasi mai con due attaccanti, la configurazione che gli si addice. La prossima generazione stenta ad emergere. Esiste addirittura?

La questione vale anche un gradino più in basso, al centro, dove la squadra francese sembra generosamente dotata di ambienti di lavoro (Kanté, Rabiot, Zaïre-Emery, Tchouaméni…), e terribilmente priva di elementi con il profilo di un direttore d'orchestra creativo. In attesa che Michael Olise possa prosperare tanto in Azzurro quanto con il Bayern Monaco (7 gol e 4 assist), si delinea un varco generazionale.

Deschamps compone ma manca anche di idee ed efficienza, quando piazza Zaire-Emery come trequartista, aspetta fino al 70' per apportare i suoi cambi e il piano di gioco sembra semplicistico nella migliore delle ipotesi, inesistente nella peggiore. Il basco ha sempre puntato soprattutto sul risultato, ma manca poco quando la vittoria non è alla fine. Domenica a San Siro lui e i suoi giocatori avranno l'opportunità di chiudere meglio l'anno. L'ambientazione si presterà bene a questo.

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