Parola d’ordine: vincere. Non c’è trucco, non c’è inganno. La situazione in cui si è cacciata la Svizzera è davvero spiacevole. Stasera, al Letzigrund, resta di fatto una sola possibilità: seguire la strada che conduce ai tre punti, con la consapevolezza che – per scalzare la Serbia dal terzo posto – occorrono almeno due gol di scarto. Ovvero quelli incassati il mese scorso a Leskovac, culmine negativo (finora…) di questa Nations League. Così, gli uomini di Yakin potrebbero addirittura intraprendere la trasferta a Tenerife senza l’obbligo di fare risultato, con un occhio al Dubočica Stadium; in caso di successo “risicato” sui balcanici (1-0, 2-1, 3-2 o quello che volete, per intenderci), bisognerà invece tentare di operare il sorpasso proprio all’ultima curva, lunedì, sperando giocoforza in qualche aiutino danese. Insomma, meglio darci dentro subito, finché si è padroni del proprio destino.
Di certo, però, Mitrovic e compagni non staranno a guardare. Sarebbe ingiustificabile, contro una squadra così rimaneggiata. Anche perché per loro – a differenza nostra – il sogno quarti non è ancora tramontato. E aggiungeteci il ritorno di un certo Vlahovic, sempre assente nei precedenti quattro impegni. “Sì, ma per problemi familiari – ha tenuto a precisare mister Stojkovic, mettendo a tacere le malelingue che parlavano di un rapporto non proprio idilliaco tra i due – erano decisioni concordate. Io non mi intrometto nella vita personale dei miei ragazzi, so bene cosa vuol dire essere un calciatore. E so quanto sia importante riavere Dusan con noi”.
Pensiero, questo, che deve aver preso piede anche nella mente di Yakin, relativamente a Okafor. Uno con cui sì, i legami si erano incrinati, ma al quale non si può rinunciare, soprattutto nelle circostanze attuali. E poiché il buon Noah sembra aver imparato la lezione, la sua titolarizzazione al posto di Ndoye rappresenta più che una semplice opzione, per quella che – dal centrocampo in su – sarà verosimilmente l’unica modifica rispetto all’ultima uscita, il 2-2 con la Danimarca. Dietro, per contro, andrà verificata la tenuta di un (probabile) quartetto del tutto inedito, quello composto da Edimilson, Cömert, Rodriguez e Muheim. In ballottaggio con Garcia, il 26enne dell’Amburgo ha dalla sua un mancino che è merce rara, va ammesso. Prendete i migliori campionati d’Europa e le rispettive serie cadette, includete le coppe nazionali e indovinate chi – sommando gol e assist – risulta il terzino più incisivo di tutto il Vecchio Continente? Proprio l’ex San Gallo, con 9 punti (1+8). D’altronde quel piede, che nelle giovanili del Chelsea fu ritenuto valido perfino per fare il centravanti, non può non aver ereditato la pennellata di mamma Andrea, artista di un certo rilievo spentasi lo scorso anno. E allora, se sarà il caso, prego Miro, pardon… Miró. A te la tela.
Legato a Rete Uno Sport 15.11.2024, 07h00
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