QChe la giuria del Premio Goncourt lo voglia o no, l’assegnazione, lunedì 4 novembre, per la prima volta, del più prestigioso premio letterario francese, a uno scrittore algerino, Kamel Daoud, costituisce un evento politico. Che questa distinzione onora un libro dedicato all’illegalità nella stessa Algeria attraverso il suo argomento – il “decennio nero” (1992-2002) della guerra civile tra governo e islamisti, che ha provocato tra i 60.000 e i 200.000 morti, ma che include una carta per la pace e la riconciliazione vieta di parlare nel Paese – un evento di fatto con una dimensione bilaterale, in un momento in cui Parigi e Algeri mantengono relazioni gelide.
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A parte le sue qualità letterarie, analizzate in « Il mondo dei libri”, il romanzo incoronato, Oreil cui personaggio centrale è una giovane donna algerina resa muta da un fallito sgozzamento, solleva la questione dell’impegno dello scrittore nella storia recente del suo paese. Mette in discussione anche la capacità della letteratura di rompere l’incredibile silenzio imposto agli algerini da un potere che non ha mai smesso di celebrare e valorizzare un’altra memoria, quella della guerra d’indipendenza contro la Francia (1954-1962).
Le conseguenze disastrose – razzismo, negazione della realtà della colonizzazione – del silenzio che regna da tempo su questo tema in Francia, dove la “guerra d’Algeria” è stata ufficialmente riconosciuta solo nel 1999, lo testimoniano: la negazione e l’oblio ufficiale della i drammi storici non portano a nulla di buono. In Algeria come altrove, ciò che non viene detto è la cancrena. Non è possibile ricostruire una società sull’amnesia imposta. “Il silenzio ti fa impazzire”leggiamo più volte in Ore.
Impasse nel dibattito francese
Kamel Daoud, giornalista presso Orano quotidiano durante la guerra civile, che dal 2014 è stato oggetto di una fatwa per la sua denuncia dell’islamismo e ha dovuto lasciare Orano per stabilirsi in Francia nel 2023, sa di cosa parla. I suoi scritti e le sue osservazioni, segnati dall’ossessione per l’influenza religiosa e che tendono a minimizzare la realtà della discriminazione nella società francese, possono essere dibattuti e criticati. Ma lo scrittore non manca di coraggio nella difesa dell’universalità dei diritti umani e nella denuncia del destino riservato alle donne dagli islamisti.
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Tuttavia, alcune reazioni ai suoi interventi la dicono lunga sull’impasse del dibattito francese. Per la destra, Kamel Daoud è un dissidente coraggioso, un musulmano algerino ideale poiché è allo stesso tempo critico nei confronti del regime di Algeri e uccisore dell’oscurantismo a cui alcuni vorrebbero ridurre l’Islam. Per una parte della sinistra, lo scrittore, naturalizzato francese nel 2020, impersona il traditore della sua comunità. Da un lato è inondato di elogi carichi di secondi fini politici; dall’altro tendiamo ad accusarlo di essere un musulmano malsano, un rinnegato islamofobo, con il pretesto che denuncia il controllo delle persone religiose e approfitta delle libertà offerte dall’ex potenza coloniale.
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Questa doppia essenzializzazione è preoccupante. Al di là dello scrittore Kamel Daoud, un creatore perfettamente libero di spogliarsi della sua eredità religiosa, si solleva tutta la questione dell’assegnazione a un’identità. E il diritto fondamentale di ognuno, Prix Goncourt o semplice cittadino, di scegliere le proprie idee e le proprie lotte, di esprimere le proprie preferenze, indipendentemente dalle proprie origini, dal proprio nome, dal colore della propria pelle.
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