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Genova, Napoli e Messina attraverso la pittura vedutistica

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Tre città accomunate da un'unica vocazione portuale e da un forte legame con il mare per analizzare il legame tra sviluppo urbano, cartografia e pittura vedutistica, sia come testimonianza che come interpretazione delle trasformazioni urbane e paesaggistiche. Con questo obiettivo scientifico e di ricerca ma anche di divulgazione culturale, il Dipartimento di Scienze Umane e la Scuola di Specializzazione in Beni Storici ed Artistici delUniversité Suor Orsola Benincasa de Naples ha promosso il ciclo di incontri su “Città marittime e grandi porti del Mediterraneo nella pittura veduta tra Sei e Settecento: Genova, Napoli, Messina”.

Approfondimenti ora disponibili on demand sul canale YouTube dell'Università Napoletana (www.youtube.com/unisobna), che con questa iniziativa ha voluto proseguire il suo percorso di promozione della Cappella Pignatellidivenuta oggi, grazie ai lavori di restauro e riapertura di Suor Orsola, “Porta del Centro Antico di Napoli”, per la sua posizione strategica nel Largo Corpo di Napoliallineato lungo il decumano inferiore della città greco-romana, dove si intersecano la piccola piazza Nilo e San Biagio dei Librai. Una funzione di accoglienza e narrazione della città che la Cappella di Santa Maria dei Pignatelli, uno dei gioielli più rari della Napoli rinascimentale, assolve oggi con l'ausilio di avanzate tecnologie di comunicazione multimediale che sono alla base del master in Digital humanities e della attività di ricerca del dottorato in Lettere e Tecnologie.

“Napoli – racconta Pierluigi Leone de Castridirettore della Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici dell'Università Suor Orsola Benincasa e coordinatore scientifico dell'iniziativa – è un caso davvero esemplare del nostro percorso di analisi della pittura vedutaria dei secoli XVII e XVIII nelle città marittime italiane. Perché Napoli, città marittima tra le più rappresentate da incisori e cartografi tra Cinque e Ottocento, non possiede grandi vedute dipinte, con la straordinaria eccezione della cosiddetta “Tavola Strozzi”, prima dell'inizio del XVII secolo .

Nella prima metà del XVII secolo, invece, grande sviluppo e popolarità ebbero i dipinti raffiguranti l'intera città dal mare, o anche parti di essa e il golfo, da Posillipo ai Campi Flegreievidentemente apprezzato dai collezionisti dell'epoca e richiesto per decorare i propri palazzi e le proprie collezioni. Protagonisti di questa produzione e di questo “genere” furono soprattutto pittori stranieri, fiamminghi o del nord, spesso arrivati ​​in città da Roma, talvolta di passaggio ma talvolta qui stabilitisi per tutta la vita. La conferenza del professor Leone de Castris () mette in particolare luce la complessa storia di due di questi artisti, entrambi lorenesi e amici tra loro, François de Nomé e Didier Barra.

L'iconografia dello Stretto di Messina e le vedute di Genova

Il convegno su “L’immagine di Messina in età moderna” () propone un’accurata selezione di dipinti e disegni che rappresentano Messina e il suo Stretto, coprendo un lungo periodo dal XV al XVIII secolo secolo (da Antonello da Messina a Filippo Juvarra), con l'intento di tracciare un filo rosso che colleghi le immagini tra loro. “Fin dall’inizio, la rappresentazione della città di Messina – spiega Gioacchino Barbera, ex direttore del Museo Regionale di Messina – appare correlata a quella dello Stretto, favorita dalla stupefacente bellezza del sito, caratterizzato dall’inconfondibile forma a falce del dal suo porto e, nelle vedute nord-occidentali, dalla sagoma maestosa e fumante dell'Etna che appare sullo sfondo. L'immagine dello Stretto si è quindi gradualmente e inevitabilmente sovrapposta all'immagine di Messina. E a seconda dei molteplici punti di vista scelti, lo Stretto finisce per essere, a sua volta, sfondo scenico o proscenio dei tanti scorci della città, mentre la costa calabrese, e in particolare quella reggiana, è sempre più relegata ad una dimensione marginale. ruolo.

La conferenza di Piero Boccardogià direttore dei Musei della Strada Nuova di Genova () racconta, invece, come le vedute di Genova del Medioevo avessero come punto di vista privilegiato il mare e il golfo prospiciente della città e hanno avuto, non solo per questo, nel corso dei secoli, alcune analogie con le vedute napoletane. “Nel XVII secolo – sottolinea Boccardo – furono soprattutto precisi fatti storici, a meno di cinquant'anni di distanza l'uno dall'altro, prima la costruzione delle Mura Nuove (1626-1639) poi il bombardamento francese (maggio 1684), a dare un notevole impulso alla vedute di Genova, e non solo in forma incisa o dipinta, ma anche in bronzo. E proprio il secondo episodio sarà occasione della prima visione invertita, cioè dalla terra verso il mare, che diventerà poi molto più comune nel corso dell'Ottocento.

Prossimo incontro al Chapelle Pignatelli le 27 novembre con la giornata di studi su “Patrimonio culturale e tecnologie digitali. Esperienze di ricerca a confronto” (programma su www.unisob.na.it/eventi).

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