Critichiamo spesso, e giustamente, il lato dimostrativo del cinema francese, per non sottolineare che Fario, il primo lungometraggio di Lucie Prost, si distingue per una certa finezza nella descrizione del mondo rurale, che potrebbe eguagliare quella di Venti Dei, se il suo scenario aveva un po' più di sostanza. Il regista cerca di affrontare molti temi contemporaneamente, tra cui il lutto, l'ecologia, la maggiore età, le difficoltà dei contadini, ma non riesce ad affrontarne nemmeno uno solo, a causa della dispersione. In questo angolo dell'(amaro) Doubs, come altrove, l'ambiente è una questione essenziale, con il suo fiume di trote, e trattarlo con un tocco di fantasia è stata una buona idea ma che, ancora una volta, rimane incompiuta. Bisogna comunque riconoscere a Lucie Prost la capacità di dirigere alla perfezione un casting non appariscente ma che si rivela perfettamente adattato, con Finnegan Oldfield, sempre impeccabile nell'ambiguità, in prima linea. Le interpreti femminili: Megan Northam, Olivia Côte e Florence Loiret Caille non sono da meno, anche se ci rammarichiamo, ovviamente, che le loro apparizioni siano troppo brevi. Fario non è un primo tentativo del tutto conclusivo, ma contiene qualche promessa per il futuro del suo regista.
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