Lanciato per la prima volta da capitano dello Stade Rochelais questo sabato sera contro lo Stade Français, in una partita vinta con il bonus offensivo dal club marittimo (35-18), lo springbok da tre quarti non ha fatto esplodere direttamente lo schermo ma merita uno speciale menzione.
L'elemento sorpresa lo rende ancora più interessante. Senza dubbio lo stesso Dillyn Leyds (pronunciato “Leydz” e non “Lidz”, per carità…) non si aspettava giovedì che gli fosse affidata la sua prima fascia di capitano, sorpreso quanto i seguaci che – anche in assenza di Alldritt, Bourgarit, Atonio, Cancoriet – avrebbe preferito concentrarsi su Kerr-Barlow, Skelton e Dulin nel costume appropriato. Ma Dio, è bellissimo, dannazione! Perché pienamente meritato, anche se la meritocrazia non è necessariamente in cima ai criteri per la scelta di un leader, sia esso vocale o ad esempio.
Tanto tenero quanto attaccato al suo club
Ma il buon vecchio Dillyn, 32 anni, controlla comunque quasi tutte le scatole. Leyds è soprattutto gioia di vivere e un buon umore contagioso. È anche un modello di integrazione. Lo Springbok (10 presenze) è un giocatore rispettato, (molto) apprezzato e ascoltato. Negli spogliatoi e in tribuna. Il neo-centurione (108 partite) salito sulla caravella nell'estate 2020 non tradisce mai e l'incubo del mancato contrasto su Romain Ntamack, nella finale della Top 14 2023, da cui si disse tormentato l'anno scorso, senza dubbio ancora a volte si invita nelle sue notti poiché ha i colori giallo e nero ancorati al suo corpo. Cosa dico… al cuore!
Un attaccamento viscerale al suo club e, soprattutto, alla Francia, dove padroneggia fluentemente la lingua quattro anni dopo il suo esilio dal Sud Africa. E poi Dillyn Leyds è pura classe in campo. Un artista della palla ovale e di ogni sua abilità, con un alto QI rugbista. E non importa se è rimasto discreto contro Paris, il Capitano Leyds ha anche questa capacità di far brillare gli altri. Qualità sacra.
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