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De Villepin chiede scuse dopo le accuse del BHL di “odio verso gli ebrei”

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Il 6 ottobre 2024 ha avuto luogo uno scambio teso tra Dominique de Villepin e Bernard-Henri Lévy (BHL) durante un dibattito su LCI riguardante la guerra in Palestina.

La BHL ha accusato de Villepin di “odio verso Israele” e, per estensione, verso gli ebrei, accusa che ha rivolto anche a Jean-Luc Mélenchon. Secondo BHL, il sostegno alla causa palestinese e la critica a Israele tradiscono animosità nei confronti della comunità ebraica.

Dominique de Villepin, ex primo ministro francese, ha immediatamente reagito a questi attacchi descrivendo i commenti di BHL come “calunnie” e “bugie”, respingendo fermamente la fusione tra antisionismo e antisemitismo. Ha ribadito che il suo disaccordo con BHL non riguardava l’odio verso Israele o gli ebrei, ma una differenza fondamentale su guerra e pace. De Villepin difende una posizione a favore di un cessate il fuoco immediato a Gaza, criticando le operazioni militari israeliane e l’assenza di una soluzione politica praticabile, a differenza della BHL, che sostiene l’intervento militare per sconfiggere Hamas.

La posizione di De Villepin è la continuazione della sua visione politica di lunga data, segnata dal suo famoso discorso all’ONU nel 2003 contro l’invasione americana dell’Iraq. È coerente nel sostenere il rispetto del diritto internazionale e la ricerca di soluzioni politiche piuttosto che militari. Per quanto riguarda l’attuale conflitto, de Villepin ha condannato le azioni israeliane a Gaza, definendole una “catastrofe umanitaria” e una “follia messianica” priva di chiari obiettivi politici, esacerbata dalla presenza di ministri israeliani di estrema destra nel governo di Gaza Benjamin Netanyahu.

Di fronte alle accuse di BHL, de Villepin ha chiesto scuse pubbliche, sottolineando la necessità di mantenere la dignità nel dibattito pubblico. Per de Villepin è fondamentale dissociare il sostegno ai diritti dei palestinesi da qualsiasi accusa di antisemitismo, ricordando che la difesa dei diritti umani, in Palestina come altrove, non deve ridursi ad un attacco contro una religione o un popolo.

Sionismo ed ebraicità sono due concetti ben distinti, spesso erroneamente confusi nei dibattiti contemporanei, come quello tra Dominique de Villepin e Bernard-Henri Lévy. È importante ricordare che il sionismo è soprattutto un’ideologia politica, apparsa alla fine del XIX secolo, che sostiene la creazione di uno Stato ebraico in Palestina in risposta all’antisemitismo in Europa. Il sionismo non rappresenta tutti gli ebrei, né è confuso con l’ebraismo, che è un’antica religione.

L’ebraicità, dal canto suo, riguarda la pratica religiosa ebraica, basata su credenze, tradizioni spirituali e culturali che hanno attraversato secoli di storia. Non tutti gli ebrei sono sionisti, così come non tutti i sionisti sono ebrei praticanti. In effetti, ci sono scuole di pensiero ebraico, sia religiose che secolari, che si oppongono al sionismo a causa delle differenze su come vedere il rapporto tra credenze ebraiche e politica moderna.

Pertanto, accusare qualcuno di criticare Israele o di difendere la Palestina come “antiebraico” si basa su una pericolosa confusione tra critica ad una politica nazionale e ostilità verso una religione. Questa distinzione è essenziale nel dibattito pubblico, come ha ricordato Dominique de Villepin in risposta ai commenti di BHL. Quest’ultimo sembra confondere qualsiasi critica rivolta a Israele o al sionismo con una forma di antisemitismo, che confonde il confine tra la legittima difesa dei diritti umani e la persecuzione religiosa.

De Villepin difende qui un approccio più sfumato, in cui si può criticare lo Stato di Israele e il modo in cui tratta i palestinesi senza esprimere odio contro gli ebrei. Questa distinzione è fondamentale per evitare di semplificare le scorciatoie e mantenere un dibattito rispettoso su temi delicati come il conflitto israelo-palestinese.

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