Gli scienziati scavano 8 chilometri sotto il mare in cerca di risposte

Gli scienziati scavano 8 chilometri sotto il mare in cerca di risposte
Gli scienziati scavano 8 chilometri sotto il mare in cerca di risposte
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Il trauma è ancora presente. Le risposte tardano ad arrivare. A quasi quattordici anni dal terremoto e dallo tsunami che hanno scosso il Giappone, gli scienziati di tutto il mondo stanno ancora cercando di capire cosa possa aver causato un terremoto di tale intensità (9,1 della scala Richter). Per trovare risposte, gli specialisti della American Cornell University hanno scavato molto in profondità nel fondale marino.

Usando una nave da trivellazione giapponese, gli scienziati hanno scavato una serie di buchi a 7 chilometri sotto il mare. Hanno anche installato quello che chiamano un osservatorio sulla faglia dove ha avuto origine il terremoto nel 2011, un chilometro sotto il fondale marino. In questo tubo che funge da sonda hanno installato dei sensori di temperatura per capire il guasto in tempo reale. Questo non era mai stato fatto prima.

In Giappone, una gigantesca diga contro gli tsunami

Il progetto Cornell è senza precedenti e molto pericoloso

Questa non è la prima volta che gli esperti della Cornell University calano strumenti di misura così in profondità nell’oceano. Nel 2012, a pochi mesi dal terremoto, avevano già installato alcune sonde. Si tratta ora di analizzare più nel dettaglio la faglia e capire se potrebbe verificarsi un altro disastro simile. Per questo abbiamo dovuto scavare più a fondo.

“La sfida tecnologica di questo progetto è che siamo 7 chilometri sotto il livello del mare e vogliamo scavare un altro chilometro sotto terra, queste sono acque ultra profonde. “Non sono molte le navi in ​​grado di operare in queste condizioni estreme. È un po’ come una missione della NASA”.spiega Patrick Fulton, leader del progetto e professore di geologia alla Cornell.

Gli scienziati sperano di poter prevenire i rischi di terremoti sulla faglia giapponese

“Dodici anni dopo la nostra prima discesa, la placca in subduzione si muove ancora ad una velocità di 10 centimetri all’anno. È rimasto bloccato in certi punti? La faglia ha cominciato a sentire la forza delle placche che si esercitano tra loro? È possibile un altro grande terremoto? Vogliamo sapere come si evolvono questi processi”spiega lo specialista.

Dopo sforzi durati diverse ore, il team di 150 scienziati è finalmente riuscito a individuare il buco preesistente nella faglia per farvi passare una nuova sonda. Ora potranno monitorare l’attività delle piastre e il guasto. Analisi che permetteranno di comprenderne meglio il funzionamento, di spiegare in modo più preciso il terremoto del 2011 e, forse, di prevenirne di nuovi.

Marocco

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