In occasione della pubblicazione della dodicesima edizione dell'indagine French Fractures in collaborazione con Il mondoCevipof, Istituto Montaigne e Ipsos, Gilles Finchelstein, segretario generale della Fondazione, analizza l'evoluzione dell'opinione dal punto di vista dei sentimenti dei francesi: come vivono? Come si definiscono? Come si posizionano rispetto al passato e rispetto agli altri?
E se, per una volta, analizzassimo il Fratture francesi non basandosi sulle opinioni sulla Francia ma sui sentimenti dei francesi? E se provassimo a tratteggiare un ritratto caleidoscopico dei francesi, un ritratto “a misura d’uomo”, per usare la frase di Léon Blum?
Primo angolo di vista: come dicono di vivere coloro che Sylvain Tesson vedeva come persone che “vivono in paradiso e pensano di vivere all'inferno”? Vivono con difficoltà e il dato è da meditare: il 55% dichiara che ha difficoltà a “far quadrare i conti” – cioè ad assumersi non il piccolo piacere superfluo né la grande spesa eccezionale ma solo le “spese comuni”. Questa cifra spiega molto, e in particolare perché il potere d’acquisto resta di gran lunga in cima alla gerarchia delle preoccupazioni. Allo stesso tempo, sono ben integrati in una rete sociale: il 61% si dichiara “circondato”, e ancor più tra i senior (74% tra gli over settantenni); Il 92% dei francesi si sente “ascoltato” e dice di avere qualcuno con cui parlare dei propri problemi personali (anche se spesso, nel 55%, si tratta solo di una o due persone). Molti di loro, il 73%, sono andati in vacanza negli ultimi dodici mesi: il 19% nella propria regione, il 48% altrove in Francia, il 29% all'estero. E si dichiarano piuttosto soddisfatti della propria vita: su una scala da 0 a 10, il 50% si colloca tra 7 e 10 e un ulteriore 40% in una posizione media, tra 4 e 6.
Secondo angolo di vista: come si definiscono? Se siamo in quello che Norbert Elias definì nel 1987 il società degli individui dove ognuno costruisce e armeggia con la propria identità, resta il fatto che le linee forti emergono chiaramente quando chiediamo ai francesi quali sono i tre elementi che, tra gli undici proposti, li caratterizzano meglio. In primo luogo, per il 40% c’è la nazionalità: noi lo siamo Prima di tutto Francese. Poi c'è la generazione – siamo ciascuno (o quasi) della nostra generazione: il 38% dei francesi pensa di definirsi in base all'età e questa sensazione sale al 52% a partire dai sessant'anni. C’è infine, e questo va sottolineato, relazioni sociali piuttosto che elementi identitari : i nostri amici (33%), i nostri hobby (32%) o il nostro lavoro (28%) hanno il privilegio di definirci molto più del nostro genere (18%), delle nostre opinioni politiche (18%) o delle nostre convinzioni religiose (9% ) – colpisce anche constatare che, del resto, il 76% dei francesi dichiara che la religione non occupa un posto importante nella loro vita quando la religione occupa un posto centrale nel dibattito pubblico.
Terzo angolo di vista: come si posizionano rispetto al passato e rispetto agli altri? Rispetto al passato, i francesi sono divisi tra una nostalgia astratta – il 73% condivide l’idea che “era meglio prima” e sono quasi 10 punti in più per condividere questa idea rispetto al 2017 – e un’esitazione concreta – rispetto ai genitori di allora. coetanei, il 28% considera la propria situazione “peggiore” e quasi la stessa, il 32%, “migliore”. In rapporto al presente occorre coniugare due dimensioni. Da un lato, essi si collocano principalmente al centro della società: la “demiddleizzazione” menzionata proprio da Jérôme Fourquet è ovunque… tranne che nell’autoposizionamento sociale. Il 72% dei francesi pensa di appartenere alla classe media o il 58% si considera appartenente a un gruppo che non è né “al vertice” né “al fondo” della società. D'altra parte, avvertono un sentimento di ingiustizia e non pensano di occupare un posto centrale: al 63%, non ricevono “il rispetto che meritano” e, al 69%, rifiutano l'idea di avere “più vantaggi rispetto ad altri”.
Qualunque sia l'angolo in cui esaminiamo questo ritratto dei francesi, esso è più sfumato e meno oscuro di quello che viene spesso presentato. È tuttavia necessario concludere aggiungendo due contrappunti. La prima: una minoranza, più o meno importante a seconda dei temi, non va dimenticata. Il 10% dei francesi è molto insoddisfatto della propria vita, il 24% si posiziona “all’ultimo posto” della società, il 27% non è andato in vacanza negli ultimi dodici mesi, il 39% afferma di “sentirsi solo” (e addirittura il 47% uomini sotto i trentacinque anni) – e, ancora una volta, il 55% dichiara di avere difficoltà a far fronte alle spese correnti. Il secondo contrappunto si basa su un’analisi più approfondita di alcune categorie della popolazione per le quali i risultati sono chiaramente più preoccupanti: la classe operaia, gli occupati e gli operai, ma anche e soprattutto i disoccupati: il 76% afferma di cavarsela con difficoltà (più della metà delle persone in cerca di lavoro non vengono, come sappiamo, compensate), il 69% non ha il rispetto che merita, il 50% appartiene agli strati più bassi della società, il 48% non se ne è andato. in vacanza. Questa realtà contrasta con il modo in cui questa categoria viene spesso denigrata nel dibattito mediatico e maltrattata negli arbitrati pubblici.
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