Legata all'Algeria, la grande moschea di Parigi accoglie migliaia di fedeli durante la preghiera del venerdì, Jumu'ah, la più importante della settimana. Discussione il 29 novembre con i fedeli sull'arresto e la detenzione del romanziere Boualem Sansal.
Nel quinto arrondissement di Parigi, tra gli edifici sociali in mattoni rossi risalenti agli anni '30 e il Jardin des Plantes, si erge da quasi 100 anni la Grande Moschea di Parigi e il suo minareto alto 33 metri. Questa moschea in stile ispano-moresco che il suo iniziatore, Édouard Herriot, vicesindaco di Lione, grande figura laica e repubblicana della Terza Repubblica, concepì come “un luogo di indipendenza religiosa e intellettuale” di un Islam autenticamente francese, poteva realizzarsi, grazie ai fondi pubblici, solo aggirando la legge del 1905.
Sebbene sia ben integrato nel panorama parigino da un secolo, l'edificio ha fatto notizia fin dalla sua fondazione. All’epoca il Partito Comunista espresse la sua opposizione. Nel 1923 l'attivista e giornalista comunista Victor Spielmann descrisse questa costruzione addirittura come «bluff risolto» con cui il “I governanti occidentali e i loro alleati orientali – sovvenzionati – autorizzano lo sfruttamento delle masse musulmane. “, in una parola, sostenere “l’oppio dei popoli”. Quanto al fondatore del nazionalismo algerino Messali Hadj, ha denunciato la costruzione di a “pubblicità della moschea” che mira anche a mostrare la Francia come potenza musulmana a causa delle sue colonie. Negli ultimi giorni però sull'edificio ha fatto eco una polemica completamente diversa: quella nata dall'arresto all'aeroporto di Algeri il 16 novembre e dalla detenzione dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal. Va detto che la Grande Moschea occupa una posizione unica: centrale nelle caotiche relazioni bilaterali tra Francia e Algeria, è particolarmente vicina al governo algerino da cui riceve sussidi.