Il Presidente della Repubblica ha visitato in anteprima questo venerdì la cattedrale post-costruzione, accompagnato dalle autorità e seguito dalla stampa. Il cane sminatore, l'odore della vernice fresca, l'altare rosa e blu… Il nostro giornalista racconta la storia.
Di Charlotte Fauve
Pubblicato il 29 novembre 2024 alle 17:50
CAspettavo questa visita a Notre-Dame da cinque anni. E ora ieri sera, dopo decine di articoli, interviste, colloqui con diversi servizi di comunicazione, è arrivato l'accreditamento tanto sperato. Otto giorni prima della messa solenne inaugurale, il capo dello Stato effettua una settima e ultima visita. Un tour dal proprietario della cattedrale restaurata. Una passeggiata che sembra uno “spoiler” della cerimonia di apertura, trasmessa in diretta su France Télévisions. Questo venerdì mattina, alle 8.30 in punto, eccomi davanti al portone metallico del “cantiere del secolo”, circondato da una cinquantina di colleghi provenienti da Giappone, Italia e Turchia. Dopo aver visto le nostre valigie annusate da un cane sminatore, entriamo, dirigendoci verso la “base vita”, una pila di moduli di costruzione dove è stata improvvisata una sala stampa.
10:20 Mentre Emmanuel Macron arriva sulla piazza, i giornalisti sono ancora parcheggiati nella loro Algeco, seguendo i primi passi presidenziali nella navata restaurata grazie a uno schermo e microfoni lavalier attaccati ai cappotti della delegazione. Tutti esprimono il loro abbagliato apprezzamento sotto le nuovissime volte: “davvero più chiaro” (Rachida Dati, Ministro della Cultura), “molto più ospitale con questa pietra bionda” (Monsignor Laurent Ulrich, Arcivescovo di Parigi), “la sensazione di riscoprire la cattedrale” (il presidente). Chissà se non sarebbe stato meglio restare davanti alla televisione piuttosto che rinchiudermi in un bungalow da cantiere con una tazza di caffè tiepido.
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11:45 Arriva il momento tanto atteso: la truppa di giornalisti è radunata per assistere al discorso del Capo dello Stato. Sono presenti milletrecentosessantotto accompagnatori, e all'addetto alle comunicazioni spetta il difficile compito di portare, in dieci minuti e con tutta calma, i “badge verdi” – autorizzati a entrare nel luogo di culto. Anche a costo di minacciare di esfiltrazione immediata chiunque fotografi l'interno della cattedrale – già una settimana fa l'imprenditore americano Elon Musk aveva negato la priorità al Capo dello Stato trasmettendo sul social network un video della navata restaurata. La porta rossa si apre. Entriamo finalmente nella cattedrale, per correre intorno al coro.
Tutto infatti è splendente, chiaro, sereno. Profuma di vernice fresca, la luce inonda l'ambiente, la pietra bionda sembra respirare, scivoliamo sul pavimento di marmo, sotto i lampadari che, pare, hanno approfittato dei lavori per convertirsi a led. Senza dimenticare di ammirare, di sfuggita, il recinto del coro, ripulito dalla sua sporcizia fino a rivelare le rughe sulle dita degli apostoli. Dall'altro lato, le cappelle, annerite da mezzo secolo di candele e riscaldamento a gasolio, rivelano i colori abbaglianti cari all'architetto Viollet-le-Duc. Qui una volta stellata, là un altare rosa e azzurro. Non c'è tempo per indugiare, arrivo alla sala stampa dove aspetterò, dietro una corda, fino alla fine del discorso e degli applausi. Applauso finale per il cantiere di Notre-Dame, la visita è stata bella ma un po' breve.
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