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Antonello Venditti arriva a Domenica In per raccontarsi in esclusiva da Mara Venier. Dal bullismo, all’infanzia infelice, al desiderio di suicidio, vediamo cosa ha raccontato in studio.
Antonello Venditti: l’ex moglie, i tradimenti a Monica Leofreddi, la carriera e la polemica per la fan disabile
L’intervista di Venditti
Venditti arriva a Domenica In per raccontarsi da Mara Venier e presentare il libro in cui racconta la storia della sua vita.
La narrazione inizia dall’infanzia del cantante, caratterizzata da difficoltà legate alla sua immagine. «Ero grassissimo – spiega da Mara Venier -, la vita di Tiziano Ferro mi sembra la mia. Gli artisti si portano sempre dietro un grande dolore».
Anche i suoi genitori non hanno reso le cose facili per lui: l’ironia pungente non mancava neanche in casa. «Io conosco il bullismo, la cosa strana è che provenisse da mia madre. – spiega – (…). Un bambino non capisce l’ironia, mi dicevano delle cose per loro divertenti, io non capivo. Anche mio padre, a volte mi metteva a guardare la porta di una cucina. Forse ero solo. Ma mi è servito per aver le spalle fortissime».
Poi il ricordo di De Gregori e delle prime canzoni.
«Francesco De Gregori era mio fratello. Roma Capoccia ricordo quando l’ho scritta. Io scrivo sempre canzoni davanti a un muro, per romperlo. Anche se i miei volevano che facessi altro»
Inoltre ha quattro nipoti e un figlio con cui ha «un rapporto vero». Ma nonostante questo ancora non si sente soddisfatto. «Dovrei essere felice e realizzato ma lo sono a metà».
Poi il racconto del periodo della depressione, un periodo in cui ha avuto aiuto da un amico.
«Lucio Dalla mi ha salvato. Lui si accorse nel 1970 di come stavo, capì che dovevo andare via da Roma. Lì mi ha curato, Ma l’idea malvagia di farla finita non mi era passata, volevo farmi fuori con la macchina. Sai come mi è passato? Con l’amore ricevuto. Sono guarito al Circo Massimo quando la Roma ha vinto lo scudetto. Avevo l’esatta sensazione che non c’era distonia con gli altri. Chi tende alla perfezione è più fragile. Lucio l’ha capito e mi ha riportato a Roma».
E per il ritorno di Ranieri non può che essere contento «ma non per il senso di romanità ma per il senso della competenza del sapere di che parliamo. Non è importante essere nati a Roma, la cosa importante è comportarsi da romano».
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