Gguerra tra bande in un numero crescente di città, sparatorie ripetute punteggiate dalla morte di adolescenti sempre più giovani, trafficanti di droga con maggiore potere e influenza finanziaria che operano anche dalle loro celle di prigione… La constatazione non lascia alcun dubbio: la Francia, dopo gli altri paesi europei , è alle prese con la piaga della droga in nuove dimensioni. Qui i gruppi criminali prosperano su un mercato illecito stimato in oltre 3,5 miliardi di euro, ponendo una minaccia sempre più grave alla vita di interi quartieri, alla salute pubblica e persino alla democrazia.
Asimmetrica, impari, la lotta tra trafficanti pronti a tutto e una democrazia basata sullo Stato di diritto richiede un rafforzamento e un adeguamento delle istituzioni e delle procedure. Gli annunci fatti a Marsiglia, venerdì 8 novembre, dal ministro degli Interni, Bruno Retailleau, e dal ministro della Giustizia, Didier Migaud, vanno in questa direzione: la creazione di una “procura nazionale” contro la criminalità organizzata, ora punibili da corti d’assise speciali composte solo da magistrati per evitare pressioni sulle giurie, e il miglioramento del regime dei pentiti che collaborano con la giustizia sono tra le logiche proposte ispirate da un disegno di legge senatoriale in seguito al rapporto della commissione d’inchiesta pubblicato a maggio, nonché dai progetti dell’ex ministro Eric Dupond-Moretti.
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Tuttavia, attorno a questo meccanismo legislativo, il cui esame parlamentare è previsto per il 2025, esistono diversi punti poco chiari, in particolare sul perimetro preciso della nuova Procura e sull’ascesa al potere dell’attuale Ufficio antidroga. Per quanto riguarda le misure immediate annunciate venerdì, restano poco chiare sia sul rafforzamento del personale della Procura di Parigi, alla quale sarebbe allegata una “cellula di coordinamento”, sia sulle risorse destinate a disturbare le conversazioni telefoniche dei detenuti del carcere. “al vertice dello spettro criminale”, che verrebbero assegnati ad aree carcerarie specializzate.
Necessità di un’azione forte sulla domanda
Ma il linguaggio marziale usato dai due ministri manifesta la loro voglia “stiamo insieme”al di là delle differenze di sensibilità politica, non riescono a mascherare i grandi punti ciechi dei loro annunci, ai quali, significativamente, il ministro della Salute non è stato associato: l’informazione sulle dipendenze, la riduzione dei rischi per i tossicodipendenti e il trattamento dei tossicodipendenti.
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Essenziale, la repressione del traffico e la pressione sull’offerta di sostanze illecite non possono essere esercitate efficacemente senza, allo stesso tempo, una solida azione sulla domanda e senza un dibattito, alimentato da esperienze straniere, sui benefici e sui rischi di una depenalizzazione parziale. In un momento in cui il consumo sta diventando un luogo comune in molti ambienti, dai più precari ai più privilegiati, le autorità pubbliche dovrebbero anche lavorare per costruire e diffondere una contro-narrativa opposta a quella del progresso sociale attraverso il traffico.
Vera “causa nazionale”, la lotta al narcotraffico richiede la creazione delle condizioni, se non del consenso, almeno della maggioranza politica. Ciò richiede non solo l’aggiunta di una solida componente preventiva, ma anche che il governo prenda le distanze dalla confusione tra droga e immigrazione che il ministro dell’Interno continua a mantenere.
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