alla Howard University, attivisti democratici dalla speranza alla delusione

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Durante la notte delle elezioni per la candidata democratica Kamala Harris, alla Howard University di Washington, il 5 novembre 2024. BRANDON BELL/AFP

L'annuncio è arrivato come un martello. “Stasera non avrete notizie dal vicepresidente” ha detto Cedric Richmond, consigliere della campagna democratica, salito sul palco per concludere la serata. La musica e la tenue speranza mantenuta per tutta la notte si sono fermate di colpo nel campus della Howard University, a Washington, dove il campo democratico aveva organizzato la sua notte elettorale.

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Come un unico essere, decine di migliaia di persone hanno trattenuto il fiato all'annuncio della contea più piccola che avrebbe potuto vestirsi con i colori della loro candidata, Kamala Harris. New York, Maryland, Connecticut, California… Ad ogni vittoria scoppiavano grida di gioia, anche se il risultato era una conclusione scontata in questi stati a larga maggioranza democratici.

La folla vestita di blu, il colore del Partito Democratico, si era radunata sulla spianata centrale dell'università, con i volti tesi, rivolta verso il palco dove venivano trasmessi in diretta i risultati delle elezioni sul canale CNN. Dietro di loro, lo storico campanile bianco sovrastava gli attivisti venuti per aspettare e sperare insieme.

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Kamala Harris aveva scelto Howard, la sua ex università, dove si era laureata nel 1986, per trascorrere la notte più decisiva della sua carriera. La candidata democratica ha mantenuto un legame molto forte con la sua alma mater, che menziona regolarmente nei suoi discorsi come un luogo che le ha dato i mezzi per realizzare le sue ambizioni. Perché Howard è la più famosa delle cento “università storicamente nere” (college e università storicamente neriHBCU) che esistono nel paese. Soprannominata la “Harvard nera”, ha formato l’élite afroamericana del paese sin dalla sua creazione nel 1867.

“Le persone non possono più sopportare la negatività”

Erano tanti gli studenti e gli ex-alunni questa sera, commossi nel ritrovarsi lì. “Mi rende nostalgico poter tornare in questo campus e testimoniare la storia”, confida Kristell Knight, 40 anni, con gli occhi pieni di ricordi. Una lacrima scende ma non scorre: “Non piangerò fino al risultato finale. » A metà serata vuole ancora mantenere la speranza che Kamala Harris diventi “la prima donna nera presidente degli Stati Uniti” nonostante le difficoltà che il candidato incontra nel stati oscillantiquesti stati che fanno oscillare le elezioni.

Con il passare della serata, la speranza e la gioia del ritrovamento dominano a malapena il nervosismo dell'attesa dei risultati finali. Le stime ed i conteggi che danno, durante tutta la serata, un vantaggio al campo repubblicano contraddicono l'entusiasmo che ha caratterizzato questa campagna. Per i democratici è stata una corsa molto breve, con Kamala Harris entrata in corsa solo a luglio, dopo il ritiro dalla corsa del presidente uscente, Joe Biden. Per Natasha Walker, maglietta e cappellino con l'immagine della candidata, è ancora tempo di festa, per celebrare il lavoro compiuto in questi ultimi intensissimi mesi. “Sono andato porta a porta ogni fine settimana e ho aiutato a organizzare le votazioni, la gente non sopporta più la negatività, quindi mi sento ancora molto felice,” sorrise.

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