l'essenziale
Durante la sua sessione parlamentare, questo giovedì, la RN propone di stabilire pene minime per alcuni crimini e delitti. A cosa corrisponde questa procedura giuridica già applicata in Francia tra il 2007 e il 2014? E soprattutto, è efficace nel ridurre la recidiva?
Il Raggruppamento Nazionale approfitta del suo posto parlamentare, giovedì sera, 31 ottobre, per proporre la reintroduzione della pena minima in Francia.
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La portavoce del governo Maud Bregeon aveva già fatto sapere al Senato pubblico che l'esecutivo non avrebbe appoggiato una simile misura. Le pene minime “sono già state provate dal 2007 al 2014 e non hanno dimostrato la loro efficacia perché la recidiva non è diminuita”, afferma. È vero? La Dépêche guardò le cifre.
Qual è il principio delle sanzioni minime?
In Francia la giustizia prevede il massimo della pena per punire crimini e delitti, ma no frasi minime. A questo corrispondono le pene minime: si tratta di evitare che una persona giudicata colpevole venga condannata senza detenzione o senza multa.
Istituite da Nicolas Sarkozy nel 2007 e abolite nel 2014 da François Hollande, queste sanzioni riguardavano in particolare: attacchi contro persone che detengono pubblici poteri.
Sono efficaci nel ridurre la recidiva?
La legge sulle pene minime adottata nell'agosto 2007 ha introdotto pene minime severe contro i recidivi, vale a dire le persone condannate una seconda volta per atti simili. Secondo una valutazione effettuata all’inizio del 2024 dall’Istituto delle Politiche Pubbliche, la riforma ha avuto degli effetti, nel senso che “vediamo un netto aumento delle sanzioni imposte contro i recidivi non appena sarà adottata”.
In questo caso le condanne a fermo nei confronti di questi ultimi sono state superiori del 50%, quelle con sospensione condizionale 3 volte superiori.
Di più “la legge non ha avuto effetto deterrente nel breve periodo”indica l'ente pubblico. “Nel medio termine, le persone che hanno ricevuto queste pene minime hanno commesso meno reati (probabilità inferiore del 10%), ma solo per reati punibili con pene minime.”
In altre parole, la loro probabilità di commettere ulteriori reati non è cambiata. Inoltre, “la debole distribuzione ai co-detenuti ha comportato al debole effetto dissuasivo complessivo della riforma“, concludono gli autori.