Dopo la morte di un ciclista a Parigi, la questione della violenza stradale emerge nel dibattito pubblico

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Nella comunità dei comuni di Erdre e Gesvres (Loira Atlantica), 22 ottobre 2024. JÉRéMIE LUSSEAU/HANS LUCAS PER “IL MONDO”

“Stop alla violenza motorizzata”. È questo il nome dell'appello a testimoniare lanciato dalla Federazione francese degli utenti della bicicletta (FUB) in seguito alla morte di Paul Varry, ciclista di 27 anni rimasto schiacciato volontariamente il 15 ottobre a Parigi, secondo i primi elementi dell'indagine, da parte di un conducente che viaggiava a bordo di un Suv sulla pista ciclabile.

Questo dramma ha portato alla luce il tema della “violenza motorizzata” in un dibattito pubblico sulla mobilità finora dominato dalla questione dello sviluppo o dell’ecologia. Copresidente della LUB, il cui appello a raccogliere testimonianze sulla violenza subita dai ciclisti sulla strada ha ricevuto 818 contributi in due giorni, lo stesso Olivier Schneider sembra sorpreso dalla portata del fenomeno. “Sosteniamo da molto tempo misure per limitare l’insicurezza stradale, ma finora non abbiamo mai preso di mira la violenza intenzionale”dice.

Anche le autorità pubbliche hanno iniziato a misurare la portata del problema, che va oltre la tradizionale ingiunzione di “condividere la strada”. Il 21 ottobre le associazioni ciclistiche sono state ricevute dal ministro delegato ai trasporti, François Durovray, molto atteso sull'argomento dopo aver impiegato quattro giorni per reagire alla morte di Paul Varry. Ha annunciato loro a “missione contro la violenza stradale”affidato all'a “personalità qualificata”.

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È diventato un luogo comune: la condivisione delle strade, nelle città sature, genera conflitti tra ciclisti sempre più numerosi, pedoni i cui spazi protetti vengono talvolta sacrificati a progetti ciclistici, e automobilisti che, per alcuni, faticano ad accettare di perdere il monopolio sulla la carreggiata. Ma al di là delle frustrazioni di tutti, i risultati in termini di sicurezza stradale, anno dopo anno, sono implacabili: nella stragrande maggioranza dei casi, sono le auto – e i loro conducenti – a uccidere.

Lavoro di sensibilizzazione incompleto

“Nel 2023 sono stati uccisi 221 ciclistiha rilevato l’Osservatorio Nazionale Interministeriale per la Sicurezza Stradale, (…) in crescita del +18% rispetto al 2019.” Tra i pedoni, nel 2023 ci saranno 438 morti in un incidente con terzi, in calo del 10% rispetto al 2019. E quando un pedone o un ciclista muore in un incidente con un terzo, nel 72% dei casi, quest'ultimo guida un'auto o un veicolo utilitario.

Questo aumento del numero delle vittime è – almeno in parte – il corollario dell’impressionante crescita dell’uso della bicicletta, il cui utilizzo è aumentato del 20% tra il 2020 e il 2021, secondo la Piattaforma nazionale delle frequenze. Un aumento incoraggiato dallo Stato, con un obiettivo ecologico. Elisabeth Borne ha lanciato nel 2018, quando era ministro responsabile dei trasporti, a Piano Vélo, stanziati 465 milioni di euro in quattro anni. Questo piano è stato amplificato al suo arrivo a Matignon con, questa volta, la promessa di 1,25 miliardi di euro tra il 2023 e il 2028.

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