Lunedì si aprirà il processo contro il presidente dei deputati della Rn e altre 24 persone, sospettati di aver sottratto fondi al Parlamento europeo per pagare i dipendenti del partito. Se Marine Le Pen rischiasse dieci anni di carcere e una sentenza di ineleggibilità, i rimedi le darebbero carta bianca intorno al 2027, anche in caso di condanna.
Marine Le Pen vuole assumersi la responsabilità. Sul banco degli imputati da questo lunedì, l’ex candidato alla presidenza dovrà affrontare il tribunale penale di Parigi che giudica il caso degli assistenti parlamentari del partito Frontistaun fascicolo di sospetti su lavori fittizi volti a sottrarre denaro al Parlamento europeo a vantaggio del partito.
La presidente dei deputati del Raggruppamento Nazionale ha già fatto sapere che intende recarsi il più possibile alle udienze, chiaramente ansiosa di potersi difendere.
Sanzioni pesanti
Va detto che rischia molto: l’eletto rischia una pena detentiva di 10 anni, una multa di un milione di euro e una condanna a dieci anni di ineleggibilità.
Una simile sanzione potrebbe ostacolare la sua corsa presidenziale nel 2027? Certo è che in caso di sanzione di ineleggibilità Marine Le Pen ricorrerebbe in appello contro la sua sentenza.
Ricorsi sospensivi
Esistono infatti numerose vie di ricorso, dal semplice ricorso alla Corte di Cassazione, che dura diversi anni. Finché la condanna non è definitiva, non si applicano sanzioni legali. Basti dire che una eventuale sentenza di ineleggibilità pronunciata in via definitiva prima del 2027 appare improbabile.
Affinché il tribunale penale di Parigi possa davvero avere un impatto sul calendario elettorale di Marine Pen, il tribunale dovrebbe ordinare l’esecuzione provvisoria della sua sentenza di ineleggibilità. In tal caso, i futuri ricorsi legali non sospendono questa sentenza. Concretamente ciò significherebbe che la deputata perderebbe il suo mandato alla fine del processo ma potrebbe riconquistarlo in appello.
“Niente di cui lamentarsi”
L’ipotesi, però, non è delle più probabili: una decisione del genere mirerebbe ad evitare ogni reiterazione di Marine Le Pen. Ma lei non è più deputata al Parlamento europeo, il che rende ipotetica la ripetizione dei fatti asseriti.
Al di là delle considerazioni giuridiche, si pone la questione dell’impatto politico di un simile processo. La frontista eletta gioca la carta della “calma delle vecchie truppe”, espressione che le piace e che fa parte anche dei fatti contestati.
“Non abbiamo nulla da rimproverarci in questa faccenda”, ha dichiarato a Le Parisien alla fine di luglio.
“Sono qui per presentare le nostre argomentazioni. Sono molto calma», ha spiegato anche Marine Le Pen questo lunedì pomeriggio all’apertura del processo su BFMTV.
“Motivi politici vili”
La presidente dei deputati ha spiegato di voler comunque spiegare al bar che gli assistenti parlamentari “non sono dipendenti del Parlamento europeo” e sono “evidentemente destinati, per un certo numero di loro, alla politica”.
I suoi luogotenenti prendono il comando con un tono meno educato. Già nel 2018, Sébastien Chenu, oggi influente deputato di Marine Le Pen, aveva accusato “il Parlamento europeo di molestare la RN” su BFMTV.
Stessa storia per Jean-Philippe Tanguy. Questa procedura avviata dal Parlamento europeo prenderebbe di mira i “partiti antisistema” per “vili ragioni politiche”, ha giudicato a metà settembre il deputato della RN su France Info.
La festa gioca sul velluto. Primo alle ultime elezioni europee con il 31,3% dei voti, il movimento di Marine Le Pen può contare sul forte euroscetticismo francese. Il 50% delle persone intervistate in uno studio del Delors Institute ha espresso sfiducia nei confronti delle istituzioni europee, uno dei livelli più alti del continente.
Pauline Revenaz e Marie-Pierre Bourgeois