Guillaume Canet interpreta l’agente d’élite in un intenso thriller Netflix, 20 anni dopo “Tell No One”.
Sotto la Senna, Il salario della paura, GTmax… Netflix continua a lanciare la sua parata di film d’azione in stile francese, al punto da imporsi come una sorta di nuova scuderia di falsi bis – una fabbrica di thriller e film fantasy grezzi, ben prodotti e silenziosamente scadenti, che non avrebbero ovviamente non hanno né il fascino dell’artigianato, né la nobiltà dell’alta gamma. Ma con argomenti finanziari ovviamente sufficienti per attirare i più grandi nomi della celebrità francese, come Guillaume Canet, che qui ritrova il thriller muscoloso quasi vent’anni dopo le sue piccole scintille nel genere (Non dirlo a nessuno)…
Coautore anche della sceneggiatura, Canet ha investito molto in questo film che lo immagina nei panni di un ufficiale del GIGN coinvolto in una vicenda oscura che gli è già costata un collega, e forse presto la moglie incinta: uno strano intervento è andato storto, e funzionari nebulosi , sparsi per i servizi segreti, iniziano a minacciare il nostro eroe, che decide di trovarli a proprio rischio e pericolo per vendicare il suo amico.
Tra Bourne, Hunt e Bébel
L’attore si colloca quindi a metà strada tra Jason Bourne, Ethan Hunt e Bébel. Nella prima, assume il ruolo vantaggioso del tormentato e inarrestabile iper-agente, determinato a scalare tutta la sua gerarchia per stendere splendidi panni. Dal secondo, ritroviamo il gusto per l’improvvisazione, la corsa e le eccentriche requisizioni di veicoli, al limite del gag in un ultimo atto che oscilla tra SUV, motocross e ULM (sì) in mezzo ai vicoli del castello di Versailles.
Per quanto riguarda il terzo, ovviamente si trova in un modello esagonale per questo film d’avventura apparentemente senza stuntmen, ma con molti tetti, balconi e grondaie, come in L’uomo di Rio. Il problema è che qui non c’è umorismo – o peggio, spesso ce n’è involontariamente, come in tutto questo inseguimento ultraleggero, irresistibilmente divertente, assurdo come un inseguimento in macchina. Fantomas.
Alla vitaun torrente di déjà vu televisivi
Al di là di queste parentesi, contemplare le onorevoli imprese di parkour dell’attore sui tetti di Parigi è un’esperienza crudele e di perdita di ritmo, dove ci si sente un po’ come un genitore costretto all’indulgenza di fronte allo spettacolo di yamakasi organizzato da suo figlio sulla terrazza. .
Il resto è solo un torrente di déjà vu televisivo, in un registro di beaufismo dolcemente masculino (il cameratismo da caserma, ritualizzato dall’inizio alla fine, dove tutti, e soprattutto ciascuno, sa il proprio posto) e sciatto barbouzerie (questi serie Z i cattivi hanno piani ridicolmente assurdi: scatenare una carneficina nazionale per seppellire le prove di una scaramuccia cento volte meno grave).
Forse è solo la prova dell’impresa martingala compiuta da alcune piattaforme: riunire le star del grande schermo nel sistema del telefilm, imponendosi come chiave di volta del panorama produttivo, pur riportando impercettibilmente la sua politica di offerta al livello di questo uno – un po’ come se, all’inizio degli anni 2000, Vincent Cassel e Romain Duris suonassero nelle produzioni domenicali del TF1.
Alla vitadi Rodolphe Lauga, con Guillaume Canet, Stéphane Caillard, Nassim Lyes. Disponibile su Netflix.
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