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Ismaïl Laghzaoui, attivista anti-normalizzazione, condannato a un anno di carcere – Telquel.ma

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la verdetto, pronunciato il 10 dicembre 2024 dal tribunale di primo grado di Ain Sebaâ, segna un nuovo episodio nelle crescenti tensioni tra sostenitori del diritto alla libertà di espressione e politici percepiti come “repressivo” nei confronti degli attivisti impegnati contro la normalizzazione con Israele.

Ismaïl Laghzaoui, ingegnere agricolo e attivista attivo del movimento BDS Marocco, è stato arrestato lo scorso novembre, dopo aver partecipato a una manifestazione davanti al consolato americano a Casablanca. Questa mobilitazione mirava a denunciare il sostegno americano a Israele e la normalizzazione delle relazioni tra Rabat e Tel Aviv, che includono accordi commerciali e di sicurezza.

L’attivista aveva anche manifestato contro la presenza di due navi mercantili della compagnia Maersk nel porto di Tangeri, sostenendo che erano coinvolte in forniture militari a Israele.

Queste azioni, che fanno parte della campagna di boicottaggio delle relazioni economiche e militari con Israele guidata da BDS Maroc, lo hanno portato ad essere perseguito ai sensi dell’articolo 1-299 del codice penale marocchino. Questa disposizione prevede sanzioni severe contro chiunque sia accusato di incitamento alla violenza attraverso discorsi pubblici, scritti o comunicazioni elettroniche.

Le autorità marocchine lo accusano di aver “incitato a delinquere”, un’accusa che i suoi sostenitori descrivono come “affrettato e infondato”.

Dal suo arresto, in Marocco e a livello internazionale si sono levate voci per denunciare quello che considerano un grave attacco alla libertà di espressione.

La Commissione nazionale palestinese per il boicottaggio di Israele ha rilasciato una dichiarazione chiedendo il rilascio immediato di Ismaïl Laghzaoui. Ha definito la sua detenzione un tentativo di intimidazione volto a mettere a tacere le voci che si oppongono alla normalizzazione ed esprimono solidarietà alla causa palestinese.

Anche il Coordinamento marocchino per il sostegno ai prigionieri politici ha denunciato con forza la sentenza, considerandola un “giudizio arbitrario” e un “nuovo atto di repressione contro la libertà di espressione garantita dalla Costituzione marocchina e dalle convenzioni internazionali ratificate dal Regno”.

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