Ricercatori belgi del KULeuven hanno evidenziato il ruolo centrale del PSEN2, un gene finora poco conosciuto, nell’accelerare i processi patologici della malattia di Alzheimer. Si tratta di un “grande progresso” nel campo della ricerca sulle forme ereditarie di questa malattia degenerativa, ha affermato martedì in un comunicato stampa la Fondazione Stop Alzheimer, che ha finanziato il progetto.
Il team di scienziati, guidato dal professor Wim Annaert, ha dimostrato che le mutazioni nel gene PSEN2 peggiorano la malattia attraverso due meccanismi. Innanzitutto, queste mutazioni aumentano la formazione di placche amiloidi tossiche (chiamate anche placche senili) nel cervello, che causano il malfunzionamento delle connessioni tra i neuroni. In secondo luogo, favoriscono il fallimento del sistema di riciclaggio cellulare. “Le cellule cerebrali, sovraccariche di scorie che non riescono più a eliminare, poi subiscono danni e perdono la capacità di comunicare in modo efficace”, spieghiamo.
Questo “doppio attacco” interrompe direttamente le sinapsi, le connessioni vitali tra i neuroni, esacerbando così la perdita di memoria e il declino cognitivo, caratteristici della malattia di Alzheimer.
Questo lavoro, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications, permette di prendere in considerazione trattamenti mirati contro questa malattia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, secondo il professor Wim Annaert. La sua collega e prima autrice dello studio, Anika Perdok, ritiene che la ricerca “apre preziose prospettive per rallentare la progressione della malattia nei pazienti con Alzheimer familiare”.
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