Innanzitutto la norma giuridica “Terra di nessuno”. L’espressione di origine latina significa letteralmente “terra nulla” O “terra di nessuno”. In un contesto giuridico e storico, designa un territorio che non appartiene ad alcuno Stato sovrano e che si considera non abitato o rivendicato da una popolazione organizzata con un sistema politico riconosciuto.
La seconda incongruenza riguarda il concetto di“intangibilità dei confini ereditati dalla colonizzazione”. Questo principio di diritto internazionale afferma che i confini statali tracciati dalla colonizzazione non possono essere modificati unilateralmente o arbitrariamente.
Il primo sotterfugio permise l’amputazione di un terzo del territorio marocchino a favore della colonia algerina, il secondo permise alla stessa Algeria, divenuta indipendente, di salvaguardare i territori illegalmente annessi.
La metafora di un treno coloniale che ne nasconde un altro cosiddetto “nazionale”.
L’esame del dossier preparato dalla Francia per negoziare la frontiera algerino-marocchina con il Marocco tra il 1956 e il 1962 rivela una strana urgenza francese di risolvere definitivamente la questione. In effetti, in note ristrette, alti funzionari francesi arrivano al punto di menzionare la sovranità del Marocco su territori che si estendono fino a Timbuktu, Touat e Taoudéni: si direbbe di leggere una supplica di Allal El Fassi. Va inoltre notato che il dossier francese fornito al Marocco, su richiesta di quest’ultimo, era stato profondamente modificato e “redatta” clausole imbarazzanti per Parigi prima della sua trasmissione: “Dopo aver chiesto (nel 1956) al Residente di fornire al Residente la documentazione sulla questione delle frontiere, il Governo marocchino ha incaricato il Comandante Robert e il Comandante Petit di redigere il dossier preparato a Rabat.” (Alta Commissione francese in Marocco, Gabinetto militare, Rabat, 5 marzo 1956, Ambasciata francese a Rabat, Archivi di Nantes)
Ma è la scoperta del ferro a Gara Djebilet che spiega l’ansia del governo francese di regolamentare il corso delle frontiere. Ciò eliminerà rapidamente il comando di frontiera installato ad Agadir tra il 1933 e il 1955: “Dal 1952, e in particolare dopo la scoperta di importanti giacimenti di ferro vicino a Tindouf, i governi generali dell’Algeria e l’AOF hanno insistito per la sua soppressione (il comando di Agadir), facendo valere l’argomentazione dell’ambiguità politica che grava sui territori sotto la loro autorità , ma dove l’ordine è assicurato, secondo le direttive del Generale residente della Francia in Marocco, da un generale che è allo stesso tempo responsabile di un comando territoriale in Marocco”. (Ufficio militare dei residenti in Marocco, Rabat, senza data ma probabilmente 1955, Fondo dell’ambasciata francese a Rabat, Archivi di Nantes)
L’indipendenza del Marocco ha privato le sue regioni sahariane
Le mappe degli archivi testimoniano un esercito di liberazione marocchino di stanza nel 1958 a Oum El Achar, Hassi Mounir, Dakhla e Tichla. Gli eventi si susseguirono per la liberazione del Sahara occupato dalla Spagna, ma l’operazione Écouvillon, lanciata tra il 10 e il 27 febbraio 1958, fu un duro colpo per la resistenza.
Quest’ultimo riprenderà slancio dopo il discorso di Mhamid del defunto Mohammed V, il 28 febbraio 1958. La Francia proporrà ai Reguibat di farne il paraurti che proteggerebbe la Mauritania e la miniera di ferro di Zouérate. Tre collaboratori della tribù Reguibat resteranno in Francia per visitare la moschea di Parigi, guidata da Hamza Boubakeur, atteso nel 1957 come presidente della Repubblica Saharawi, destinata ad unire le tribù Châmbas, Ouled Sidi Cheikh e Doui Meniaâ come ricompensa per il suo ruolo nella creazione dell’Organizzazione Comune delle Regioni del Sahara (OCRS), una forma di separatismo economico.
In sordina, la promessa del divenire “presidente” sarà sostituito dalla carica di rettore della Moschea di Parigi, sotto la guida del ministro degli Interni, François Mitterrand.
Il defunto Mohammed V si rifiutò di negoziare i confini e quindi di tradire gli algerini, così come si rifiutò di aderire al progetto economico dell’OCRS. I tre Reguibat inviati a Parigi parteciparono a serate musicali a teatro, come quella ospitata dal cantante francese Origini tedesche, Maria Flora, detta Lilo (1921-2022). Il progetto separatista si trasformò in una mascherata, e i tre Reguibat successivamente si ritrattarono per diventare sostenitori della marocchinità di Tindouf, come fu il caso di Hamdi Ould Salek, che si oppose nel luglio 1962 all’ingresso di ufficiali algerini a Tindouf.
L’insostenibile leggerezza della sovranità algerina sul Sahara
Il dossier sulle frontiere contiene anche documenti d’archivio della politica estera marocchina, come quello della protesta ufficiale del Marocco contro l’espulsione dei marocchini da Tindouf ad Akka da parte dell’esercito francese.
La politica di espulsione dei marocchini lungo tutta la frontiera sarà ripresa dall’Algeria, che farà lo stesso dopo la guerra della sabbia. Un gran numero di dodici e gli insegnanti marocchini presenti in tutta l’Algeria occidentale saranno espulsi con il pretesto dei loro presunti legami con i servizi marocchini. Da parte algerina, Abdelkader Sahraoui, alias Abdelaziz Bouteflika, non è riuscito a creare una cellula FLN tra Bamako e Saoura. Il concetto di terra di nessuno è stata applicata ingiustamente in Marocco, mentre avrebbe dovuto applicarsi inizialmente all’Algeria, in particolare tra i Tuareg, ad Azaouad.
Il progetto coloniale francese, portato avanti principalmente dal governatore generale dell’Algeria e dal colonnello Borricand, figura chiave del separatismo, sarà recuperato dall’Algeria indipendente: “Le autorità francesi di Tindouf e della Mauritania favorirebbero le incursioni di Reguibat sul territorio marocchino in modo più diretto rispetto a qualche mese fa. Tindouf sarebbe così diventata una delle basi principali di questi Harka e un centro di commercializzazione del bottino. (Nota inviata all’ambasciatore francese a Rabat, 15 febbraio 1960)
Il muro che ci protegge è duplice: quello delle sabbie e quello della giustizia della nostra causa
Per rileggere implicitamente il principio dell’intangibilità delle frontiere adottato dall’Algeria nel 1963, bisognerebbe contrapporre ad esso il principio di “l’intangibilità dei territori amputati all’impero cherifiano”. Riconoscere un patrimonio territoriale come coloniale significa deridere i fondamenti della decolonizzazione e lo spirito dei movimenti di liberazione. Anche i confini dei paesi vicini non sfuggono a questo clou de Johainventato dal signor Bedjaoui. Ma ciò dimostra che l’eredità di un impero coloniale ha costretto l’Algeria ad adottare il regime Nif: è un modo inevitabile di respirare o di asfissiarsi di fronte all’intangibilità dei confini.
In una nota scritta dall’Ambasciata Straordinaria, Missione Eccezionale in Marocco, datata 24 luglio 1956, riguardante il rinvio della linea Trinquet sulle carte geografiche, possiamo leggere questa osservazione contraria all’espansionismo algerino: “È normale che i documenti cartografici che escono oggi dai servizi francesi non rechino alcuna indicazione del confine tra la regione di Colomb-Béchar e i possedimenti spagnoli, ma è possibile distruggere o correggere le mappe distribuite in quarant’anni di protettorato? I marocchini hanno numerosi esemplari che portano la linea Trinquet; li trovarono negli uffici delle precedenti gestioni, ora occupati da loro. Alcune di queste mappe indicano addirittura come confine meridionale del Marocco una linea retta che va da Seguiet El Hamra a Guir (15 km a nord di Igli, infinitamente meno favorevole alla Francia rispetto alla linea Trinquet (una mappa di questo tipo esiste nella sala d’attesa dell’ala destra dell’Ambasciata).
Come abbiamo ricordato nei nostri ultimi articoli, l’Algeria ha cercato soltanto, firmando il trattato segreto del 1961 o quello del 1972, di soffocare l’insopportabile illegittimità della sua presenza in vaste regioni del Sahara. Il sotterfugio del principio dell’intangibilità dei confini ereditato dalla colonizzazione dovrebbe cambiare nome e diventare il velo o il muro serve a frenare la sovranità marocchina su vaste regioni del Sahara. Questa osservazione è leggibile nel processo coloniale che ha mutuato la logica delle frontiere: si tratta di seminare un blackout per avanzare all’interno del Marocco, in attesa di una concessione spagnola per mettere le mani sulla costa atlantica. L’Algeria post-1962 trasformerà la politica delle frontiere in un principio di intangibilità, al fine di salvaguardare i dipartimenti meridionali, annessi dalla legge del 1902 che li considerava territori autonomi dell’Algeria francese.
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